Il treno delle donne by Fermina Cañaveras

Il treno delle donne by Fermina Cañaveras

autore:Fermina Cañaveras [Cañaveras, Fermina]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2024-08-14T22:00:00+00:00


7 Istituite nel 1931, si trattava di progetti di solidarietà culturale per la diffusione della cultura generale nelle città e nelle campagne patrocinati dal governo spagnolo della Seconda Repubblica (n.d.t.).

XIII

Pugnalata alle spalle

Dieci donne pettinate e in uniforme ci aspettavano per farci spogliare in mezzo al gelido cortile. Alcune di loro non avevano neanche vent’anni.

«Tu lì, tu qui, tu là», gridavano in tedesco.

Ci divisero in tre file. Io, Vicenta, mia madre, zia Teresa, Martha, Paca e Suzanne ci tenevamo per mano. Completamente nude, morivamo di freddo e di paura. Altre prigioniere avevano il compito di raccogliere i nostri vestiti, caricarli su delle carriole e bruciarli nel rogo che si vedeva in lontananza.

Fu allora che scoppiò il caos. Ricominciarono con gli spintoni e le botte alla schiena, ma questa volta usando i manganelli. Un colpo mi bloccò la mandibola. Mentre tutt’intorno continuavano a piovere bastonate, una delle guardiane iniziò a tirare mia madre per il braccio, ma io non ero disposta a lasciarla andare. Mi colpì la mano senza sosta con il manganello, ma il dolore era infinitamente più sopportabile del pensiero di separarmi dalla donna che mi aveva dato la vita. Resistetti, afferrai la mano di mia madre e la strinsi con tutte le mie forze. Non mi ero accorta che avevano portato via anche Martha e zia Teresa. In quell’istante volevo solo lei. Mi rifiutavo di lasciare che me la strappassero via, ma una pistola puntata alla fronte mi fece capire che non potevo più oppormi.

«Mollala», disse in un perfetto francese la giovane bionda con le trecce raccolte sopra la testa che reggeva la pistola. Le si leggeva in faccia che ci provava gusto a infliggermi dolore. Mi guardò negli occhi e mi domandò: «Chi è?»

«Mia madre», risposi.

«Vuoi andare con lei?», disse facendomi un sorriso ammiccante. «Vedi quel fumo che esce dai camini?»

«Sì», risposi annuendo.

«La tua adorata madre va dritta nelle camere a gas. E se ti opponi, andrai con lei».

Mia madre non capiva molto bene il francese, ma sapeva cosa stava succedendo. Si divincolò per liberarsi dalla mia presa e aspettò che la portassero via.

«Tua madre è una donna intelligente. Non soffrire per una vecchia, non ne vale la pena. Fra qualche ora, potrai vederla disperdersi nell’aria», disse con una fragorosa risata. «Avanti, mostrami come saluterai la tua mammina quando volerà via».

Un nodo alla gola mi impediva di parlare. Avevo una pistola puntata tra le sopracciglia e iniziai a piangere, quando una sconosciuta mi strinse la mano.

«Non darle questa soddisfazione. Non piangere davanti a loro», mi disse in spagnolo.

«Tua madre morirà stanotte. Non vogliamo vecchie qui», ripeteva la piccola nazista senza staccarmi gli occhi di dosso e muovendo la testa da una parte all’altra imitando una bambola. Era solo un gioco per lei.

Più io piangevo, più lei rideva di gusto, continuando a fissarmi e a ripetere in perfetto francese che mia madre sarebbe uscita quella notte dal camino del forno crematorio. Mi afferrò la mano e me la sollevò sopra la testa.

«Su, fai ciao ciao a mammina», disse mettendosi accanto a me e indicandomi uno di quegli edifici infernali.



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