Il vento conservatore by Giorgia Serughetti

Il vento conservatore by Giorgia Serughetti

autore:Giorgia Serughetti
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Tempi Nuovi
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2021-09-15T00:00:00+00:00


3.3. Nascita e nazione

Nella fantasia sovranista di un ordine solido e di confini impermeabili, l’immagine protettiva dei muri di casa viene estesa al territorio dello Stato, mentre la nazione è ripensata sul modello di una grande famiglia, di un gigantesco gruppo di consanguinei. Non si tratta di un’idea nuova, ma piuttosto della riattivazione di una componente plurisecolare della politica moderna. Ancora una volta, però, si tratta di una riedizione in forma di simulacro o parodia del modello, in un tempo in cui non solo la nazione ma anche la famiglia rispondono sempre meno all’ideale nostalgico propagandato dalle nuove destre.

Il populismo nativista recupera l’elemento di tribalismo che caratterizza, fin dal Settecento, la reazione conservatrice al pensiero democratico-liberale. A un’idea di popolo come demos, a cui si appartiene per cittadinanza, ovvero per comunanza di diritti civili e politici e per partecipazione alla vita pubblica, si oppone un’idea di popolo come ethnos, che feticizza l’origine, la tradizione, la religione o il sangue. Da una parte, c’è la visione di uno Stato con finalità emancipative universalistiche; dall’altra, una collettività «il cui valore fondamentale è l’identità di stirpe e di razza» e che non può dunque, a rigore, «equiparare a sé genti di stirpe diversa», dare loro piena cittadinanza48.

L’antinomia tra queste due prospettive viene fatta risalire da Hannah Arendt alla stessa Rivoluzione francese, cioè all’evento originario della modernità politica, che da un lato proclama i diritti dell’uomo e del cittadino, segnando il trionfo dell’individuo, dall’altro afferma che la sovranità appartiene alla nazione. «L’uomo si era appena affermato come un essere completamente isolato, emancipato da qualsiasi autorità o vincolo, come un essere che portava in se stesso la sua dignità senza riferimento a un ordine superiore più vasto, che già si riduceva a membro di un popolo»49.

Così questa tensione ha potuto vivere per secoli all’interno dell’idea di Stato-nazione. Come segnala il trattino che unisce i due termini, si tratta di una costruzione che tiene in equilibrio precario principi eterogenei: lo Stato, come costruzione razional-legale, e la nazione, nutrita invece dall’idea di una comunità sostanziale, etnicamente, linguisticamente o culturalmente omogenea50. Se l’ordinamento giuridico è, almeno in principio, volto a garantire i diritti di tutte le persone comprese in un territorio definito, la nazione rappresenta invece una formazione particolare, fondata sulla comunanza dell’origine, che come tale si regge su un presupposto escludente.

Fondare lo Stato sulla nazione significa infatti fondarlo sulla nascita, come segnala l’etimo natio che unisce i due termini51. Ma un organismo politico in cui il diritto di appartenere si fonda sul principio identitario della nascita cela in sé una radice di espulsione, confinamento, nei casi più estremi di sterminio, dei non nativi, degli inassimilabili, dei diversi. Il «nesso esiziale tra nascita e nazione» fa della cittadinanza una circostanza «naturale», rendendo invece «innaturale» la presenza dello straniero e la convivenza tra gruppi etnicamente e culturalmente distinti52.

Il difetto congenito di questo modo di pensare è, secondo Arendt, proprio la concezione degli organismi politici fondata sul modello della famiglia, quindi su un principio di affinità. Pensare la polis come



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