Il voltapagine by David Leavitt

Il voltapagine by David Leavitt

autore:David Leavitt [Leavitt, David]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:43:29+00:00


«Richard non viene» rispose Paul sbrigativo. «Dice che ha il raffreddore.»

Pamela arrossì. «È strano, Paul» posò il rossetto «perché a dir la verità stamattina sembra proprio che anche le mie allergie si facciano sentire. Ti spiacerebbe se…»

«Ah bene, allora dovrei andarci da solo?»

«Be’, non fai che dire che hai bisogno di un po’ di tempo per te, tesoro.»

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Paul rotolò sul fianco. «D’accordo.» Si alzò dal letto e andò verso la porta.

«Arrivederci, allora.»

«A presto, tesoro. Stai attento. Ci vediamo nel pomeriggio, d’accordo?»

«D’accordo.»

«Hai abbastanza soldi?»

«Sì.»

La porta sbatté. Pamela si girò e si guardò allo specchio; sì, aveva un bell’aspetto, decise. Poi, assicuratasi di aver via libera, corse da basso ed entrò in un negozietto di alimentari dall’altra parte della strada dove comprò succo d’arancia, salatini, e una confezione di cornetti. In farmacia prese delle compresse di vitamina C. Infine, in corso Vittorio Emanuele, fermò un taxi. «Hotel Bristol» disse, sistemandosi il colletto, mentre il taxista s’immetteva nel traffico.

Sapeva con ogni probabilità di fare una follia. Eppure quell’annuncio di malattia forse era un invito in codice, il segnale tanto atteso, trasmessole timidamente – o forse astutamente – attraverso Paul?

Nessuno la fermò – in realtà, nessuno si accorse di lei – nella hall del Bristol.

Sollevata di non essere stata scambiata per una prostituta, salì in ascensore al sesto piano, conscia di non passare inosservata col suo sacchetto di vivande. Percorse il corridoio fino in fondo, passando davanti a porte aperte e carrelli di metallo carichi di lenzuola e bottigliette di shampo, finché non arrivò alla stanza che sapeva essere quella di Kennington, la numero 611.

Bussò. «Chi è?» chiese una voce da dentro.

«Pamela.»

Silenzio. Passarono parecchi secondi prima che Kennington aprisse la porta. Con la barba lunga, le si parò davanti tutto ingobbito, in pantaloni da tuta grigi e una T-shirt del festival di Tanglewood.

«Salve» le disse.

«Salve» fece lei. «Spero di non disturbare.»

«No, niente affatto. Entra pure.»

Si fece da parte per lasciarla passare. La stanza, per quanto elegante, era molto in disordine: il letto sfatto, una camicia buttata sullo schienale di una poltrona.

«È bello qui» disse Pamela, posando il sacchetto. «Molto raffinato.»

Incrociando le braccia, sorrise.

Silenzio.

«Be’, scommetto che sei sorpreso di vedermi, vero?»

«A dire la verità, sì. Credevo fossi andata con Paul a Tivoli.»

«Oh, all’ultimo minuto ho deciso di restare. Non ero proprio in vena di sobbarcarmi un lungo tragitto in autobus.»

«Ah.»

«Poi, quando Paul mi ha detto che non stavi bene, ho pensato, gli porto la colazione. Ecco qui.» Gli porse il sacchetto. «Ho preso del succo d’arancia, salatini e brioches. Un po’ di dolce un po’ di salato, come piace a Paul quando si ammala. E

anche della vitamina C.»

«Grazie.» Kennington posò il sacchetto sul cassettone. «Non dovevi disturbarti.»

«Figurati, l’ho fatto volentieri. Specialmente dopo tutti i pranzi che ci hai offerto.»

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«Ma è stato un piacere.»

«Be’, adesso tocca a me ricambiare. Quindi tu ti sdrai lì» indicò il letto «e io ti preparo la colazione. Hai dei bicchieri?»

«Là, sopra il mini bar.»

«Vado a prenderli. Tu stai lì tranquillo.»

Prese due bicchieri da una mensola, versò il succo e glielo porse.



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