in Primavera by Karl Ove Knausgård

in Primavera by Karl Ove Knausgård

autore:Karl Ove Knausgård [Knausgård, Karl Ove]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2021-04-07T22:00:00+00:00


Era come una preghiera. Era come se si aggrappasse a quelle due frasi, come se fossero tutto ciò che aveva. Per mostrarle che non lo accettavo, che quello sarebbe stato tutto ciò che avrebbe avuto, le ho risposto ad alta voce. La voce alta era un rifiuto alla sua preghiera e alle premesse alla base di quella preghiera, che quest’ultima era tutto quello che aveva. La mia voce era anche irritata. Ero stanco di tutto quel sussurrare, di tutta quell’immobilità, di tutta quella mancanza di iniziativa, di tutta quell’impotenza, di tutto quel voltare le spalle.

“Passerà,” le dicevo. “Come sempre.”

Una volta mi sono alzato per andare a mettere i piatti nella lavastoviglie.

Mi ha seguito, con passo lento, gli avambracci sollevati a novanta gradi dal corpo, come se stesse portando qualcosa davanti a sé. Ma in mano non aveva niente.

Mi sono girato e l’ho guardata con aria ostentatamente interrogativa.

“Non possiamo andare,” ha mormorato.

Aveva gli occhi in fiamme.

Ma non di luce, ardevano di buio.

“A cosa ti riferisci?” le ho detto ad alta voce fissandola. “Dov’è che non possiamo andare?”

“Il viaggio in Brasile,” ha risposto in maniera appena udibile.

“Cos’hai detto?”

“In Brasile. Non possiamo andarci.”

“Certo che possiamo,” ho replicato. “Ti passerà. È sempre così. Te ne stai a letto per qualche giorno, magari una settimana, poi passa.”

“Non possiamo,” ha sussurrato.

“NON POSSIAMO CANCELLARE,” ho gridato. “NON LO CAPISCI?”

Mi ha guardato. Anche se il suo sguardo era pieno di sofferenza, l’ho fissata dritta negli occhi fino a quando non li ha abbassati. Poi mi sono voltato e ho continuato a infilare i piatti nella lavastoviglie. È rimasta ferma per un po’ dietro di me, era qualcosa di insostenibile, mi era quasi impossibile resistere all’impulso di girarmi e darle ciò che voleva. Ma non mi sono voltato, ho versato nel lavello l’acqua rimasta nei bicchieri prima di riporli nel cestello superiore con la base rivolta verso l’alto. Poi ho aperto il rubinetto e ho tenuto un piatto di traverso sotto il getto d’acqua facendolo girare piano.

Dietro di me ho sentito i suoi passi che lasciavano la stanza e salivano le scale.

Ho sciacquato gli altri piatti, li ho infilati uno dopo l’altro nel cestello inferiore, ho lasciato cadere tutti i coltelli e le forchette con l’impugnatura puntata verso il basso nell’apposito contenitore all’angolo, ho riempito di detersivo la vaschetta, ho chiuso la porta della lavastoviglie e l’ho accesa. Poi mi sono versato una tazza di caffè e sono uscito in giardino.

Sono rimasto seduto a lungo al tavolo sotto la finestra della cucina mentre vagavo con lo sguardo davanti a me. A sudovest il sole si stagliava nel cielo e le ombre che si disegnavano sul prato avevano cominciato ad allungarsi. I bambini erano in casa, ma le tracce che si erano lasciati dietro erano tante. Il paio di sandali sul sentiero di pietra davanti alla piscina di plastica blu, con le fibbie rosa e la suola di sughero beige, un sandalo girato all’insù. La pistola laser di Guerre Stellari abbandonata vicino al tronco del melo, gli asciugamani sparsi in



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