Inferno e paradiso chiavi in mano by Federico Maria Rivalta

autore:Federico Maria Rivalta [Rivalta, Federico Maria]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Amazon Publishing
pubblicato: 2018-05-28T22:00:00+00:00

CAPITOLO 14

Verso le tre lasciai la strana coppia Calzone-Frison e imboccai il sentiero per fare ritorno alla macchina.

Un evento molto raro in meteorologia è il verificarsi di un temporale subito dopo la fine di un altro. Che dipendesse dal riscaldamento globale del pianeta, dal Niño o più semplicemente dalla sfiga nera che mi perseguitava, rimase il fatto che a metà strada mi trovai di nuovo sotto una pioggia talmente intensa da sospettare che qualcuno me la gettasse addosso con dei secchi.

Prima che la visibilità si riducesse a pochi metri e soprattutto prima che potesse grandinare di nuovo, individuai una piccola costruzione a un centinaio di metri di distanza. Immaginai che fosse stata la meta di quelle persone che avevo intravisto all’andata. Corsi in quella direzione alla ricerca di riparo. Era una vecchia casa colonica diroccata e purtroppo senza il tetto. Sotto un piccolo arco che immaginai fosse l’ingresso originario, riuscii a ripararmi dalla pioggia.

Ero talmente bagnato che fui frustrato perfino nel tentativo di accendermi un toscano. Mi guardai intorno. L’ingresso, privo di portone, dava su un cortile piuttosto grande, saranno stati un centinaio di metri quadrati. Al centro, sul pavimento in pietra, intravidi dei segni che, a causa della pioggia, non riuscii a decifrare. Potevano essere delle erbacce che avevano iniziato a crescere negli interstizi dei lastroni di pietra che componevano la pavimentazione oppure dei rifiuti abbandonati lì per negligenza (o ignoranza!) da qualcuno, oppure ancora…

Ci vollero più di venti minuti prima che la pioggia battente diminuisse d’intensità. Mi avvicinai ai segni e ciò che vidi mi fece rabbrividire: una grande stella di David era stata disegnata con un solco sulla pietra. Alcuni avanzi di grossi ceri gialli delimitavano le estremità. Sulla parete di fronte a me notai alcune parole incomprensibili scritte con vernice rossa ormai totalmente sfocate a causa dell’acqua.

Estrassi il cellulare e filmai ogni cosa. Mi accorsi di non riuscire a tenere ferma la mano a causa dei tremiti che mi scuotevano. In quel momento non capivo se per il freddo o la paura.

Quando un’ora dopo arrivai a casa, dei violenti brividi alle gambe e una serie sterminata di starnuti mi fecero capire che il tremolio non era dipeso dalla paura.

«38 e 8? È un bel guaio. Adesso rimani a letto e non ti alzi finché non torna sotto i 37.»

«Aspetta, Giulia, prima lascia solo che ti mostri cosa ho visto oggi alla comunità.»

Mentre sul mio cellulare scorrevano le immagini del cortile della casa colonica, la sua espressione rimase impassibile. Non riuscivo a capire se dipendesse dall’abitudine a vedere scene di crimini o da qualche altro motivo.

«Ho visto. Adesso vai a letto che ti preparo del riso in bianco e te lo porto di sopra.»

Rimasi immobile col cellulare in mano a guardarla.

«E del filmato? Che mi dici?»

«La regia non è granché, la ripresa sussulta in continuazione. Di sicuro a Venezia non faresti molta strada.»

«Va bene. E del contenuto?» insistetti serio.

«Qualcuno si sarà divertito a fare una seduta spiritica o qualche scemenza del genere.»

Non riuscivo a comprendere il suo atteggiamento.

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