Into the Unknown (Italian Edition) by Alanis Khan

Into the Unknown (Italian Edition) by Alanis Khan

autore:Alanis Khan [Khan, Alanis]
La lingua: ita
Format: epub
editore: independently publisher
pubblicato: 2020-03-29T04:00:00+00:00


Abbandonai l'angolo della pensilina a una certa ora del mattino soltanto perché fui smosso dalla fame, ma non abbassai mai il cappuccio della felpa, nel tentativo di mostrare al minimo il mio volto. Guardai nel portafogli e sgranai gli occhi, constatando che avevo poco denaro con me, la maggior parte spesa al sushi.

Trassi un sospiro notando che avevo almeno il bancomat e mi sarei potuto concedere un prelievo. Per il momento mi limitai a un cappuccino con una brioche cocco e cioccolato al bar della stazione. Incrociavo di striscio gli sguardi della gente e rabbrividivo per paura che ci fosse qualcuno di loro.

Mi sembrava di essere incatenato in un incubo da cui non riuscivo a svegliarmi, avevo paura persino della mia ombra o di chi mi urtava senza intenzione passandomi accanto.

Ero teso come una corda di violino.

Lanciai uno sguardo ai pullman autostradali e ai Flixbus, pronti a partire per nuove destinazioni. La soluzione migliore sarebbe stata scappare e iniziare una nuova vita in un altro luogo, lontano da Bergamo e dagli Eletti insediati in città. Purtroppo, sarei morto: non avevo nulla che mi permettesse di vivere in un altro luogo, solo un misero conto corrente, un diploma liceale e una patente B che sfruttavo poco.

E poi non potevo abbandonare Sibilla.

Non sapevo se fosse ancora viva, ma non potevo nemmeno andarmene senza aver scoperto cosa le fosse accaduto. Non dovevo avere paura, dovevo affrontare la situazione. Anche Anubis diceva sempre di non avere paura. Mi ero ritrovato faccia a faccia con i suoi peggiori nemici.

Se solo avessi avuto modo di incontrarlo ancora, non per baciarsi di nuovo ma per chiedergli aiuto, lo avrei fatto, non avevo vergogna a chiedere.

Pagai il cappuccino e la brioche e mi immersi nel caos della città, all'aria aperta, dove più nulla mi faceva sentire al sicuro; come se non fossi più nella mia Bergamo ma in un luogo oscuro e spaventoso che non conoscevo.

Camminai a lungo a testa bassa costeggiando la stazione dei treni. Svoltai allontanandomi sempre di più dalla zona più vivace ma me ne accorsi solo quando un tuono leggero rimbombò nel cielo e mi resi conto che il cielo era grigio e carico di pioggia.

Oltre al danno, la beffa, pensai continuando a camminare. Costeggiai l'ingresso dell'istituto Giulio Natta, poi alcune gocce iniziarono a scendere dalle nubi ma non me ne importò; il silenzio che avvolgeva il quartiere era il miglior amico che potessi chiedere, insieme alla pioggia che si confondeva con le mie lacrime.

All'improvviso un furgone si fermò di fronte a me, bloccandomi la strada. L'istinto e l'adrenalina incitarono le mie gambe a correre, sapevo chi era sceso da lì. Non so come mi avevano intercettato, ma la cosa confermò tutto ciò che aveva sempre detto il Profeta: loro sapevano gli spostamenti di tutti.

M'introdussi nel parco della Malpensata ma uno dei due tizi incappucciati riuscì a prendermi e a bloccarmi sul terreno bagnato, la testa pressata sull’asfalto. L'altro disse:

– Vacci piano! Il Maestro lo vuole vivo.

Mi dimenai nel tentativo di liberarmi, sbraitando con



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