Invecchiare come problema per artisti by Gottfried Benn

Invecchiare come problema per artisti by Gottfried Benn

autore:Gottfried Benn
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 978-88-459-3603-6
editore: Adelphi
pubblicato: 2021-11-07T00:00:00+00:00


In gioventù aveva scritto: per poter creare qualche cosa di duraturo, non si può ridere della fama – ma poi come sono andate le cose? Di che cosa non ha riso, più che mai di se stesso, nel farsi la barba non poteva guardarsi allo specchio senza scoppiare a ridere – ora metteva insieme una lista delle stupidaggini di quei defunti i cui nomi rappresentano l’umanità. Mettere ancora un piatto? Sedere ancora una volta al bistrot, giù in città, in quella costante concentrazione, in quell’eterna tensione visiva e acustica per penetrare nell’oggetto, dietro a quei volti; sobbarcarsi di nuovo a quello sforzo sovrumano, tragico in ogni istante, allo sforzo di osservare, di trovare l’espressione, di raccogliere frasi che poi siano accettabili – eccoli lì seduti al bancone, vogliono tutti mettere le mani sui soldi, mettere le mani sull’amore, e lui vuole mettere le mani sull’espressione, su una sequenza di frasi, questi due mondi devono abbracciarsi – ancora una portata? – realismo, arte per l’arte, psicologismo – dicono che io sia freddo, ora esser freddi non è una brutta qualità, preferisco esser freddo piuttosto che cantare e dare interpretazioni, per chi, per che cosa – credi tu davvero in una qualunque cosa, Flaubert – rispondi sì o no – sì, io credo, ma anche credere significa solo esser fatti così e così, in modo da ritenere questo e quest’altro – no, io non credo, je suis mystique et je ne crois à rien. Questo è il Flaubert vecchio.

Ed ecco Leonardo nel piccolo castello di Cloux sulla Loira, non c’era più da parlare di una sua permanenza in Italia, i suoi mecenati morti o prigionieri. Che cosa pensa la sera, il re è a caccia, silenzio, nulla si ode salvo i rintocchi metallici dalla torre de l’horloge e il grido dei cigni selvatici sull’acqua, lungo il fiume ci sono i pioppi, come un tempo in Lombardia. Il re gli offre quattromila ducati per la Gioconda, ma lui non se ne può separare, il re però la vuole lo stesso, il vecchio gli si getta ai piedi, piange, si rende ridicolo davanti agli ospiti, gli offre il suo ultimo quadro, un San Giovanni Battista, ma la Gioconda no, è la sua vita. Per cinque anni vi ha lavorato, per cinque anni è stato chino su di lei, in silenzio, invecchiando, senza mostrarla ad alcuno. Nella stanza dove la dipingeva c’erano torsi di statue elleniche, dèi egizi di granito nero, con la testa canina, gemme degli gnostici con iscrizioni magiche, pergamene bizantine, dure come avorio, con frammenti di poesie greche credute disperse per sempre, cocci d’argilla con scrittura cuneiforme assira, scritti dei magi persiani legati in ferro, papiri di Menfi, trasparenti e sottili come petali in tutte queste cose egli doveva trasmutarsi, a tutto ciò sentirsi attaccato, forse addirittura soggiacere – lì per cinque anni egli visse tutto per quella sua unica visione interna. Il re e il suo seguito lo trovarono miserevole, ma così egli si tenne il quadro nella sua stanza. La



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