Io la signora Tamara la terrei by Georgia Manzi

Io la signora Tamara la terrei by Georgia Manzi

autore:Georgia Manzi [Manzi, Georgia]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858642030
editore: Rizzoli
pubblicato: 2013-02-06T23:00:00+00:00


11

Era seduta sui piccoli spalti che correvano lungo il campo di calcio. Sotto le luci gialle i ragazzi sbuffavano, urlavano, a volte ridevano, ma quello che le piaceva soprattutto era il suono sordo del pallone quando veniva calciato. Si sentiva uno stumf e poi dei rumori strascicati, ruvidi e profondi.

E lei era finalmente tranquilla. Aveva capito perché i suoi genitori si odiavano. Del resto era così logico. E suo padre, con i suoi inviti a cena, le presentazioni, gli obblighi, le paternali sulla famiglia e il disprezzo di tutto quello che è fuori dalle sue regole, non veniva da un altro pianeta. Era proprio come tutti gli altri, peggio di tutti gli altri.

La sera prima era diventato una furia quando, al rientro dal lavoro, aveva trovato Clelia a casa. «Che ci fai qui?» le aveva chiesto. «Ieri stavi morendo e oggi ti dimettono?»

«Non mi hanno dimesso» aveva risposto lei. «Me ne sono andata. O pensavi che sarei rimasta un minuto di più in quel tugurio?»

«Cosa?»

Si era rivolto a Tamara. «Fuori di qui, tu!» e le aveva indicato la porta. Poi aveva spintonato in malo modo Lilli verso la sua camera, ma lei era rimasta a origliare nel corridoio.

«Tu sei una pazza!» Si era curvato addosso a Clelia, le mani tese verso il viso di lei. «Ti dovrei strozzare con le mie mani. Mi sono esposto io, con il mio nome, per farti avere un posto in quell’ospedale!»

Lei aveva provato ad alzarsi ma era riuscita solo a tirare fuori un singhiozzo. «Mi volevi far morire lì dentro» gli disse con un filo di voce. «Se pensi al tuo nome, pensa anche a tua moglie nell’ospedale dei poveri.»

Lui si era raddrizzato e aveva sferrato un pugno contro il muro. «Il primario è un amico personale del mio collega di Salonicco. Maledetta! Che figura mi fai fare?»

«Io domani mi ricovero in una clinica. Puoi pure sfondarlo, il muro.»

Quella mattina Lilli aveva salutato la madre e Tamara che si trasferivano in una casa di cura nel nord di Atene. «Non è necessario che tu mi venga a trovare, dovresti attraversare mezza città» le aveva detto Clelia. «C’è Tamara con me, almeno serve a qualcosa. Per il pranzo e la cena potete ordinare al ristorante qui di fronte. Di certo non morirete di fame.»

Dopo la scuola Lilli era rimasta in camera sua, incapace anche solo di guardare i libri. Probabilmente avrebbe dovuto essere in pensiero per sua madre, invece riusciva solo a pensare che non sarebbe potuta andare al campo di Agios Cosmas. Sola con suo padre in casa non sarebbe mai riuscita ad uscire. Nessuna scusa sarebbe stata buona. Avrebbe voluto cenare con lei e parlarle per ore, pontificando su qualsiasi argomento. Approfittando del fatto che non c’era sua moglie a interromperlo o a contraddirlo.

E invece verso le cinque il padre era tornato a casa affannato, con una notizia.

«Non ho tempo, devo preparare la valigia.»

«È successo qualcosa?» gli aveva chiesto Lilli. «Come sta mamma?»

«Eh? Sta bene, sta benissimo. Devo andare due giorni in Italia. Ho una riunione importantissima.



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