Io tiranno by Éric Sadin

Io tiranno by Éric Sadin

autore:Éric Sadin [Sadin, Éric]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Luiss University Press
pubblicato: 2022-03-01T14:14:16+00:00


51. H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, cit., p. 56.

52. Ivi, p. 193.

53. Cfr. A. Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 2014 (I ed. 1948-’51, a cura di F. Platone).

capitolo 4

Instagram: il liberalismo di sé

La celebrità oggi non attira più. Eppure per molto tempo, e in modo più o meno celato, ha rappresentato un sogno per la maggior parte delle persone. Un fascino, questo, che ha raggiunto il suo picco all’inizio dei “Trenta gloriosi”, quando gli organi di stampa erano sempre più numerosi, la radio e la televisione si diffondevano e la cultura di massa si esprimeva attraverso le canzoni o il cinema favorendo il successo di figure che – per via del loro talento o spesso per un semplice caso della vita – arrivavano a conoscere un destino insperato fatto di riconoscimento pubblico e gloria. Il concomitante sviluppo del settore delle comunicazioni e dello spettacolo faceva credere a chiunque di potere, prima o poi, finire sotto i riflettori. Una disposizione, questa, che Andy Warhol aveva profetizzato pronunciando la frase divenuta poi celebre: “In futuro ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità”. Tale affermazione attestava al contempo il proliferare di occasioni che avrebbero potuto condurre alla notorietà e il ritmo frenetico col quale nascevano star più o meno splendenti, sottoposte a un’obsolescenza e a un riciclo continuo. Ma dietro i lustrini e le paillettes, la celebrità nasconde molte pecche. Questa condizione, infatti, oltre che essere riservata a pochi eletti – e per questo destinata a stroncare sul nascere qualsiasi sforzo messo in atto per raggiungerla –, è anche soggetta a molteplici incognite, instabilità e fugacità che non di rado causano declini da cui alcuni non si riprendono mai più. La sua attrattiva – esercitata in modo massiccio per oltre cinquant’anni, dagli anni Cinquanta fino alla diffusione dei reality show, avvenuta all’inizio del nuovo millennio – ha ormai perso forza.

Assistiamo a un passaggio sottile, ma decisivo, dal desiderio di fama alla necessità di vedere riconosciute le proprie capacità, di far conoscere i propri talenti, in altre parole di procedere, agli occhi degli altri, a una proficua valorizzazione di sé. MySpace, lanciato nel 2003, puntava proprio alla soddisfazione di tale imperativo. Questa comunità virtuale proponeva, in particolare a musicisti e artisti in generale, di mettere online le loro opere allo scopo di ottenere visibilità. Più che alla notorietà, gli utenti puntavano a diffondere il proprio lavoro, acquisire nuovi contatti, crearsi una rete professionale ed eventualmente riuscire a ottenere dei contratti. Quest’aspirazione a farsi conoscere, non tanto per raggiungere il successo quanto per mettere a frutto, ciascuno nel suo piccolo, le proprie capacità, corrisponde a una tendenza tipica delle società liberali che invitano a smarcarsi e sfruttare i propri vantaggi competitivi. La celebrità dipendeva da una forma di capriccio all’interno di società alquanto noncuranti e delle quali si poteva tranquillamente fare a meno. La valorizzazione di sé, invece, è una questione quasi di sopravvivenza. Era inevitabile che l’industria del digitale, caratterizzata dal suo



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