Israele e l'Islam by Pietro Citati

Israele e l'Islam by Pietro Citati

autore:Pietro Citati [Citati, Pietro]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2019-10-17T16:00:00+00:00


Scritto nove anni più tardi, Le sette principesse è il poema della creazione. Dio è il creatore sovrano. “O Tu che hai crea­to il mondo dal nulla, il nome Tuo, che è il principio di ogni nome, è il primo principio e l’ultima fine: primo dei primi all’ini­zio del conto, ultimo degli ultimi alla fine di tutto.” I doni di Dio sono scesi sulla terra come una fiumana sovrabbondante di grazia: l’hanno dominata, intrisa, inumidita, illuminata; e ora nemmeno una lettera scritta dalla calligrafia dei cieli ha una stortura, o un punto non è al posto giusto.

Sebbene Neẓāmī conosca le ombre, le sventure e i disastri della terra, ribadisce che la creazione è una sfera perfetta e provvidenziale. Vuole cogliere il procedimento di Dio: Egli ha una vita insondabile e irraggiungibile nel Non-Spazio, che solo una volta Maometto riuscì a cogliere, balzato in un viaggio rapidissimo, dopo aver strappato mille veli di luce, davanti alla Luce senza velo. Ma Neẓāmī sa che l’avventura di Maometto non si ripeterà mai più. Il compito di un poeta come lui, di un umile “tesoriere della parola”, deve essere quello di cogliere il volto di Dio (sia pure l’ultimo e superficiale) nelle creazioni naturali e umane. È un compito immenso, per compiere il quale dovette chiedersi se le sue forze bastavano. Aveva rappresentato la ricerca di Dio nell’anima desolata e separata dall’amore. Ora, come sarebbe riuscito a raffigurarne l’estensione cosmica? Come avrebbe potuto descrivere gli splendori trionfali, la sovrabbondanza regale, il pomposo eccesso di profumi, colori e musiche, la prodigalità di gioielli, albe e notti, di primavere e inverni, con cui Dio – il più sublime degli artefici – si era manifestato alla sua corte, alla quale anche noi, sebbene ultimi, apparteniamo?

Così, scrivendo Le sette principesse, si propose di fondere insieme un poema teologico e un poema astrologico, un poema eroico e un poema cavalleresco, le favole e le storie d’amore, le storie di spettri e le gemme della sua lirica, come volesse rivaleggiare con questo Dio-cornucopia. Il personaggio principale è un re della tradizione sasanide, Bahrām Gūr, entrato nella leggenda nel Libro dei re di Ferdousī. Egli incarna molti modelli di regalità: è il re sacro della tradizione iranica, che rinnova la fecondità della natura e porta la giustizia sulla terra: il re-cacciatore e atleta della tradizione preiranica; ma anche l’adolescente dionisiaco, che passa la vita, chiuso nel suo palazzo o nel suo giardino, tra i piaceri del vino e dell’amore. Trascorre la giovinezza nel magico castello di Khavarnaq, un “castello d’argento, che erge le sue torri verso la luna”: un palazzo che rispecchia le immagini celesti – azzurro all’alba per il riflesso del cielo vestito d’azzurro, giallo quando il sole emerge dalle pieghe dell’orizzonte, bianco quando le nubi velano l’astro del giorno. Lì, un pomeriggio, Bahrām Gūr conobbe il suo destino. Penetrò in una stanza, che nessuno aveva mai aperto; e scoprì che un pittore sconosciuto aveva dipinto sulle pareti la sua effigie, “giovane adolescente con perle sparse alla cintura, con una



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