Kon-Tiki by Thor Heyerdahl

Kon-Tiki by Thor Heyerdahl

autore:Thor Heyerdahl
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti Martello
pubblicato: 1974-12-31T16:00:00+00:00


CAPITOLO VI

LA POLINESIA SAVVICINA

Un buffo veicolo - Escursioni nel canotto di gomma -Inesorabile spinta nell’infinito - In una capanna di bambù in mezzo all’Oceano - Sul meridiano dell’isola di Pasqua -Il mistero dell’isola - Gli dèi giganti e i colossi di pietra -Parrucche di roccia rossa - La tecnica dei «lungorecchi» -Correlazioni con l’America - Eloquenti nomi topografici -Pesca degli squali a mano libera - Il pappagallo - L I2 B chiama - La bussola siderale - Tre onde enigmatiche -Bufera - Bagno cruento nel mare - Bagno di sangue in coperta - Uomo fuori bordo - Ancora un uragano -Kon-Tiki ciondoloni - Primo messaggio dalla Polinesia.

Quando il mare non era troppo agitato, s’andava spesso a remare col minuscolo canotto di gomma, per prendere fotografie dall’esterno. Non dimenticherò mai la prima di quelle nostre giterelle. Il mare era così calmo, che due dei nostri sentirono voglia di calare in acqua quell’aggeggio, che somigliava a un pallone, e di remare un po’ tra le onde. S’erano appena scostati dalla zattera, che già avevano abbandonato i remi e cominciato a sganasciarsi dalle risa. E tutte le volte che, dopo essere scomparsi altalenando su e giù dietro le creste delle onde, tornavano a scorgerci, scoppiavano in risate che risuonavano lontano sul mare. Sulla zattera noi ci guardavamo intorno sconcertati: che c’è da ridere? Forse era per le nostre teste arruffate e barbute? A queste dovevano pur aver fatto l’abitudine, quei due! S’insinuò pertanto in noi il sospetto che avesse loro dato di volta il cervello: forse un colpo di sole? Con tutto quel ridere faticarono non poco a tornare alla Kon-Tiki. Non vollero darci spiegazioni di sorta, ma, inghiottendo spesso e con le lagrime agli occhi, senza tanti ambagi ci invitarono a vedere a nostra volta la zattera dal di fuori. In due balzammo nel canotto ballerino e subito, investiti da una ondata, fummo portati via. Tàppete! anche noi cademmo a sedere, scoppiando in una risata fragorosa. Si dovette far ritorno alla zattera al più presto, per rassicurare i due che non erano ancora stati fuori, e che già avevano in tutta serietà pensato che noi quattro s’era usciti di senno.

In realtà, quando per la prima volta vedemmo la zattera da una certa distanza, potemmo notare quanto il nostro galleggiante fosse disperato e pazzesco. Non ci eravamo mai contemplati in pieno mare dall’esterno.Già sotto le più piccole onde i tronchi scomparivano; di veramente visibile e sempre riemergente dai flutti non c’era che la capannuccia, col largo ingresso e l’arruffato tetto di foglie. Sembrava esattamente un vecchio piccolo fienile norvegese che galleggiasse sperduto e senza speranza in alto mare: una casupola piegata dal vento, piena di abbronzati e barbuti lazzaroni. Non avremmo riso con più spontaneità alla vista di uno che ci fosse passato davanti remando in una tinozza da bagno. Le onde solite arrivavano a mezza altezza della capanna, e pareva che dovessero rotolare senza ostacolo dentro la porta spalancata del fieniletto, dove i barbogi stavano a occhieggiare. Ma ecco, la fragile costruzione



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