La baronessa di Monteluco by Di Bello Marisa

La baronessa di Monteluco by Di Bello Marisa

autore:Di Bello, Marisa [Di Bello, Marisa]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Les Flâneurs
pubblicato: 2021-11-30T04:00:00+00:00


Capitolo XIV

San Pancrazio era quasi un’oasi in mezzo all’inferno. Stretta tra il paesaggio carsico della Murgia pugliese e l’arida zona dei calanchi lucani, la masseria godeva dell’aria buona di mezza collina e dei venti salubri che spiravano dal vicino mare, in un’atmosfera di totale tranquillità, sebbene le condizioni di vita fossero molto arretrate. Antonietta riusciva a tirare avanti con i suoi tre figli, sostituendo Angelo nella fatica dei campi con l’aiuto di Tonio, il garzone tuttofare, e allevando degli animali che le consentivano di vendere a San Giuliano uova e formaggio. Questo perché la munificenza della baronessa le aveva dato l’opportunità di utilizzare secondo i bisogni l’intera proprietà, almeno fino al ritorno del marito. Ma tutt’intorno contadini e braccianti versavano in una ben triste condizione. Nelle campagne ormai erano rimaste solo donne e anziani, la pellagra mieteva vittime per via delle carenze alimentari e la promiscuità con le bestie causava molti casi di carbonchio, tetano e altre malattie infettive. Nelle zone paludose della costa ionica, poi, molto diffusa era la malaria.

Il paese era stato risparmiato. Più all’interno, su una collina dalle franose vie d’accesso, non risentiva della guerra, se non per la chiamata alle armi e la comunicazione dei caduti che tra il ’16 e il ’17 erano stati numerosi. L’ingresso in guerra degli Stati Uniti, nell’aprile di quell’anno, aveva fatto sperare in un alleggerimento delle forze militari austriache che invece, a ottobre, si erano concentrate per la gran parte proprio sul confine italiano. Caporetto segnò così una disfatta senza precedenti con una ritirata disastrosa in cui andarono persi quattrocentomila uomini tra prigionieri, morti e feriti. Tra questi ultimi Angelo, che era stato colpito alla schiena mentre, lanciatosi con gli altri fanti all’attacco nelle prime linee, era caduto malamente, facile bersaglio dei proiettili nemici. Era rimasto a terra come morto, non ricordava più per quanto tempo. Solo col buio della notte braccia amiche lo avevano sollevato e si era risvegliato in un ospedale da campo. Era lì che il tenente Felice Ridolfi lo aveva trovato, gravemente ferito ma non in pericolo di vita.

Dopo circa un mese e vari disguidi, la lettera di Lucrezia arrivò finalmente a destinazione. Antonietta la girò e rigirò più volte tra le mani, ansiosa di conoscerne contenuto e mittente, ma dovette aspettare l’arrivo di Tonio col carretto, che due, tre volte al mese passava per accompagnarla in paese a vendere i prodotti della campagna. Si diresse prima alla chiesa madre, ma don Giuseppe non c’era, era andato a somministrare un’estrema unzione.

Mentre si guardava attorno delusa, vide Pietro Forzano attraversare la piazza e gli corse incontro: «Don Pietro, don Pietro, fermatevi, devo chiedervi un favore. Mi leggete questa lettera? Non so neanche chi me la manda, ma il pensiero mi dice che ci sono notizie di Angelo. Non so niente da tanto tempo».

«Certamente, ma non qui per strada. Vieni, andiamo nel cortile di casa»

Antonietta lo seguì trepidante. Entrarono nel cortile e si sedettero sul sedile di chianche. Pietro aprì la lettera e scorse rapidamente le poche righe vergate su fine carta d’Amalfi.



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