La Buona Morte by Jonathan Stagge

La Buona Morte by Jonathan Stagge

autore:Jonathan Stagge [Stagge, Jonathan]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-01-30T03:24:53+00:00


XV

Al seguito di Josephs attraversai quella parte dello stabile che non era stata ancora sottoposta alle "migliorie" di Raynor Talbot. Lasciata una lunga, desolata, cucina, entrammo in una cupa stanzetta che riconobbi soltanto per il lezzo d'umidità e di rinchiuso. Era la camera ove mi era accaduto d'assistere allo strano episodio di cui i coniugi Fiske erano stati i personag-gi principali. Nel ricordare le grida inumane che mi avevano sorpreso in giardino quella tragica notte, rabbrividii. Il domestico, frattanto, aveva spalancato la porta dalla quale avevo veduto spuntare Conrad con il volto straziato da parecchi graffi. L'uscio sì spalancava su di una scala che discesi alle calcagna di Josephs. Giunti in fondo, attesi che il maggiordomo ac-cendesse la luce. Lo scialbo rossore di una lampadina attaccata al soffitto illuminò una scena di caotica desolazione. La cantina dei Talbot non si poteva dire particolarmente spaziosa. Disponeva però di mura solidissime, che facevano pensare a quelle di un munito bastione. Al suolo, vidi accata-stati nel massimo disordine ogni genere di rifiuti. Scatole, cassette di legno, trucioli, grosse pallottole di cartaccia, innumeri mozziconi di sigaretta ed una quantità enorme di bottiglie di whisky vuote, e ancora da sturare.

Incespicando tra recipienti di vetro e vecchie pubblicazioni quindicinali a colori, seguii Josephs che puntava decisamente verso un angolo del vasto locale. Trovare l'espresso di cui eravamo venuti in cerca sarebbe stato un miracolo in mezzo a quel mare di carta. Piegai le ginocchia e in preda ad un vago senso di disagio presi a smuovere il pattume contribuendo a una ricerca che presentivo vana. Josephs si voltava spesso, apprensivo, a guardare il vuoto minaccioso della scalinata oscura che s'apriva alle nostre spalle. Anch'io tendevo l'orecchio. Temevo d'essere sorpreso da uno dei Talbot, intento a quella occupazione che non avrei saputo come spiegare.

Ad un improvviso scalpiccio sussultai rizzandomi in piedi.

«Topi, signore!» spiegò Josephs impallidendo. «Non sono che topi!»

Lo vidi mettersi al lavoro con rinnovato fervore, cercando accuratamente tra la carta con mani febbrili. Ansava rumorosamente, con la fronte imper-lata di sudore.

Terminato l'esame del mucchio che mi ero proposto di frugare per primo mi alzai da terra nel momento in cui Josephs con voce rotta esclamava:

«Eccola qui, signore! L'ho trovata!»

Afferrai la busta che mi veniva tesa. Come avevo sospettato era vuota.

L'indirizzo della signora Talbot vi figurava tracciato da mano femminile, con una calligrafia un poco incerta. Il francobollo era stato annullato col timbro che portava la data di due giorni prima. Non vi trovai il nome del mittente.

«Questa la tengo io!» annunciai. «Cerchiamo ancora! Forse ci riuscirà di trovare anche la lettera!»

Ci gettammo nuovamente ' tra quell'oceano di carte, sfogliando febbril-mente tra vecchi giornali, riviste di medicina, cataloghi. Improvvisamente, al fruscio della carta che stavano smuovendo, rispose un urlo angoscioso, d'agonia, che mi riportò d'un balzo a rivivere la scena tragica di qualche giorno prima.

«Non mi direte che sono i topi ad ululare in questo modo!» esclamai vivamente impressionato.

«Non è nulla dottore!» balbettò Josephs tentando di rassicurarmi.

«Dev'essere un gatto sperduto...»

Mi volsi nella direzione dalla quale s'era levato il grido.



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