La cena degli dei by Unknown

La cena degli dei by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: mobi
editore: Gallucci
pubblicato: 2020-12-01T09:00:00+00:00


L’uomo giusto

Anche un assistente delicato e paziente come Francangelo ogni tanto faceva fatica a trovare le parole giuste. Si limitò a mettere una mano sulla spalla del principale. Il quale la trattenne con la sua, apprezzandone la dolcezza, ma allo stesso tempo cercando di scrollarsi di dosso quel momento di riflessioni così intime e profonde.

Si rifugiò se non nel cinismo, certamente, nel pragmatismo: «Per i preti è sempre tutto facile. Hanno il dono della fede, loro…»

Come se lui non avesse dimostrato di avere una fede, laica quanto si vuole, ma che gli aveva garantito il perdono e un posto in quel Luogo.

«Sai piuttosto chi potrebbe mancarmi (anche se come dici tu abbiamo tutta la… vita celeste davanti)? Un uomo che aveva più fede di tanti religiosi messi assieme. E che, nel nome di quella fede, compì atti di autentico eroismo. Era un po’ brontolone, ma nella compagnia non ci sarebbe stato male (soprattutto con Pantani e Nuvolari). Pensa, io lo conobbi che era quasi un ragazzo, ma già un campione promettentissimo. Un grande campione di ciclismo».

Il suo nome era Gino: Gino Bartali. Il GV, anche se non era molto attento agli oggetti che avessero… meno di quattro ruote, lo aveva incrociato giovanissimo per una sua occasionale contiguità al ciclismo. Il suo amico del cuore d’inizio carriera si chiamava Ugo Sivocci ed era poco più anziano di lui. Aveva cominciato proprio come ciclista (facendo da apripista al fratello Alfredo che invece sarebbe rimasto fedele alla bici), ma poi in lui era esplosa fortissima la passione per le macchine; al punto non solo di diventare forse il più forte pilota italiano degli Anni Dieci e Venti, ma anche colui – da qui l’amicizia e la riconoscenza – che aveva introdotto Ferrari nel mondo delle auto prima e delle corse poi. Si può dire che fosse non solo il fratello maggiore, ma anche il suo punto di riferimento. Nonché compagno di mille avventure dentro e fuori gli autodromi.

E quando Alfredo (notate: lo stesso nome del padre, del fratello e del figlio di Ferrari) aveva cominciato a consolidare la sua fama di ottimo ciclista fino a diventare una sorta di anti-Girardengo, qualche volta il GV era stato trascinato sull’ammiraglia di Ugo che lo seguiva. Spesso guidandola. Una volta lo aveva accompagnato anche nella durissima competizione Torino-Trento-Trieste organizzata nel 1919 per festeggiare la vittoria della Prima guerra mondiale, nella quale aveva conosciuto anche Gabriele D’Annunzio, che gli aveva dedicato un autografo (peraltro non particolarmente apprezzato per certi suoi anacronismi).

Purtroppo il destino era stato molto crudele con Ugo, quando Ferrari, una volta messa in piedi la sua Scuderia, lo aveva voluto accanto a sé come pilota. Dopo aver vinto la Targa Florio, era morto durante le prove del Gran Premio d’Europa a Monza. Era stato il primo compagno e amico che il GV aveva pianto, e a causa del quale si era posto le prime domande sul senso della sua “vocazione”.

Ovviamente Ferrari era rimasto vicino ad Alfredo seguendolo sia nella parte finale della carriera, sia all’inizio



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