La collezione Cavallini Sgarbi by AA.VV

La collezione Cavallini Sgarbi by AA.VV

autore:AA.VV
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2018-01-24T05:00:00+00:00


Guido Cagnacci

(Santarcangelo di Romagna, 1601 – Vienna, 1663)

74. Allegoria del Tempo (La vita umana)

Circa 1650. Olio su tela; 108,5 x 84 cm

Iscrisioni: firmato in basso a sinistra “Guido Cagnacci”

Bibliografia

Bottari 1963, p. 323; Pasini 1986, pp. 255-259; D. Benati, in Guido Cagnacci 1993, p. 28, nota 59; J. Spike, G. Pinna, in Cagnacci esiliato 1993, s.n.p.; Pasini 1993, pp. 10, 31-32; L. Peruzzi, in Tesori ritrovati 1998, pp. 144-145; Schleier 2006, p. 194; D. Benati, in Guido Cagnacci 2008, pp. 288-291; Benati 2009, p. 96; L. Muti, in Guido Cagnacci 2011, pp. 21-23; P. Di Natale, in Da Cimabue a Morandi 2015, pp. 246-247; P. Di Natale, in Le stanze segrete 2016, pp. 132-133.

Nato nella provinciale Santarcangelo di Romagna, Guido Cagnacci cresce a contatto con le esperienze naturalistiche di matrice caravaggesca (Gentileschi, Guerrieri) visibili in alcuni centri delle Marche, prima di recarsi a Bologna (fine del 1618), dove non sembra essersi legato a un unico maestro. Sul finire del 1621 è a Roma, dove si trattiene almeno sino alla Pasqua dell’anno successivo, ospite nella casa del Guercino in strada Paolina. Nell’Urbe ha occasione di conoscere de visu la rivoluzionaria pittura di Caravaggio e dei suoi seguaci nonché il naturalismo protobarocco di Giovanni Lanfranco e di Simon Vouet. I rapporti con la variegata cultura romana, rielaborata in modo originale, si colgono nelle opere sacre eseguite nel terzo decennio per le chiese romagnole, dalla Processione del sacramento (1627/28) di Saludecio alle tele di Rimini (Vocazione di san Matteo, 1620/25; Estasi di tre santi carmelitani, 1629/31), alla suggestiva e umanissima pala di Santarcangelo (1635). In concomitanza con lo spostamento a Bologna nella seconda metà degli anni trenta, il pittore mostra un avvicinamento all’idealismo di Guido Reni (Maddalena penitente, Urbania), che tuttavia non lo smuove dalle sue convinte propensioni naturalistiche. Trasferitosi poi a Forlì, consegna nel 1644 i due “quadroni” con la Gloria dei santi Valeriano e Mercuriale destinati al duomo (di cui doveva affrescare anche la cupola, poi affidata a Cignani), nei quali sperimenta un illusionistico spazio barocco, senza rinunciare alla tenera concretezza delle figure. I capolavori forlivesi sono gli ultimi incarichi pubblici di Cagnacci, che da questo momento abbandona gradualmente la pittura sacra per dedicarsi a quella profana, privilegiando soggetti di nudo, perlopiù femminile, di forte carica erotica. Questa produzione affascina soprattutto i disinibiti collezionisti di Venezia, dove il maestro soggiorna tra il 1649 e il 1658, eseguendo alcuni dei suoi dipinti più celebri, tra cui il Ratto d’Europa Molinari Pradelli, la Vita umana in collezione Sgarbi (qui esposta) e il Giacobbe tra Lia e Rachele di Hampton Court. Il dipinto in esame è stato ampiamente discusso dagli studiosi a partire da Bottari, che lo pubblicò nel 1963 quando il teschio era ancora coperto da una ridipintura. Così lo ripresentava Pasini (1986) accanto ad altre due redazioni del soggetto giudicandolo la “versione migliore, la più intensamente espressiva e la più tarda”. Proponeva poi di identificarlo con il quadro con la “vita umana” custodito nel XVIII secolo (Zanotti 1739, I, p. 306) nella dimora



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