La Cotogna DI Istanbul (Italian Edition) by Paolo Rumiz

La Cotogna DI Istanbul (Italian Edition) by Paolo Rumiz

autore:Paolo Rumiz [Rumiz, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788807018206
Amazon: 8807018209
editore: Feltrinelli Traveller
pubblicato: 2010-09-11T00:00:00+00:00


7 - "Cotogne! Gialle cotogne d'Istànbul!"

La primavera dell'anno seguente, in un mattino che il vento passava a ondate sul grano, Masa e il suo uomo in piedi lì al check-in dell'aeroporto, come se non dovessero mai più rivedersi, si strinsero con furia e con disperazione, mormorando parole in una lingua incomprensibile.

Per l'ultima volta nella sua vita la donna era in partenza per la Bosnia; andava al funerale di suo padre, morto solamente tre giorni dopo aver posto il sigillo della fine alla scrittura delle sue memorie di grande militante antifascista.

Dopo la cerimonia con i reduci (i pochi rimasti della brigata che aveva vinto sul fiume Neretva), il carro prese la strada di Vrata attraverso le gole d'Erzegovina.

Poi Masa tornò a casa per le cure e allora a trovarla da mezzo mondo vennero a Vienna le quattro sorelle, Selma con Jasna, poi Azra e Naida, "fatte con lo stampo", avrebbe detto mia nonna Caterina nel vederle una vicina all'altra così uguali, capelli alla maschietta ed occhi languidi, bisillabe odalische e partigiane come lei. Selma fumava da turca, in modo accanito, tra le proteste delle altre che però tolleravano litigando imperterrite fra loro.

Somigliavano tutte a mamma Sanja, perché in montagna tutto si tramanda, sappiatelo, per linea femminile, in special modo in terra di Balcani; e mentre i maschi giocano alla guerra o dicono nonsensi nei comizi, è solo majka la vera custode del fuoco, delle stelle e della vita.

Una sera di settembre una rana, una rana nera (era Persefone?), tagliò la strada a Masa in un boschetto vicino a una panchina sul Danubio: quella notte sul monte nell'alcova sentì crescere un grande freddo dentro e all'alba vide in sogno nonna Ljuba sul ballatoio del cortile interno della sua casa antica in Erzegovina.

"Vieni, mia cara," diceva la vecchia ballando insieme a tutte le altre ombre, poi scomparve con quel numero blu tatuato sopra l'esile avambraccio.

Fu così che li prese l'inquietudine, il desiderio di un altro viaggio ancora: e andarono a Trieste con il vento che con impeto arava l'Adriatico.

Li portai una sera in cima a un molo, nell'ora in bilico quando il blu-grigio si incontra con il rosa della pesca.

Ricordo con nettezza ogni dettaglio, lei soprattutto, che vidi la prima volta nella mia vita (e anche l'ultima): occhi grandi, forte profilo, stava faccia al tramonto, schiena alla città, col mare tutto intorno e con le Alpi scintillanti lontano all'orizzonte.

Intanto il rosso vessillo di un ferry in manovra con turca mezzaluna, garriva a poppa con raffiche a dritta, coprendo quel trionfo di montagne già bianche di neve, mentre il barchino dei piloti si staccava e la nave si apprestava a far rotta verso il Bosforo.

Lui prese dal sacco pieno di vento una Malvasìa imperlata, tre bicchieri e un cavatappi; aprì la bottiglia, si chinò su di lei per farle bere un sorso di quel nettare dalmatico.

Allora lei mise i piedi nell'acqua e pensando, chissà, forse ai suoi vecchi, disse guardando le montagne: "Altenberg, con la morte non finisce un bel niente, tutto continua. Non posso pensare di avere solo un rapporto coi vivi".



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