La diplomazia del terrore by Valentine Lomellini

La diplomazia del terrore by Valentine Lomellini

autore:Valentine Lomellini
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia e Società
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2023-03-15T00:00:00+00:00


III.

Il frutto avvelenato del terrorismo internazionale: bipolarismo o integralismo religioso?

(1979-1984)

1. Un nuovo terrorismo? I Paesi europei, la crisi degli ostaggi in Iran e l’attacco alla Forza multinazionale in Libano

Afghanistan, Iran e nuovamente l’Europa. La nuova fase della Guerra fredda apriva scenari nuovi ed altri che sembravano ormai definitivamente stabilizzati dopo la fase di distensione delle relazioni internazionali che aveva caratterizzato «i lunghi anni Settanta».

Il moltiplicarsi di focolai di crisi innalzava il grado di tensione tra le due superpotenze, ma non solo. I casi di intervento indiretto nelle crisi del Corno d’Africa (con la guerra civile angolana e il conflitto somalo-etiope), l’invasione vietnamita della Cambogia nel dicembre 1978, e il primo confronto tra due Stati comunisti (la Cina e il Vietnam) nel febbraio 1979 indicavano un aumento significativo della tensione internazionale nella duplice e parallela chiave del bipolarismo e dei conflitti regionali.

Il dialogo in merito agli armamenti fu il primo a subire contraccolpi. L’installazione dei missili SS-20 da parte sovietica, nel 19771, aveva generato forti timori nei governi del blocco atlantico. L’anno seguente, durante il vertice a Guadalupa tra Stati Uniti, RFT, Francia e Gran Bretagna, fu stabilito che le difese della NATO in Europa sarebbero state rafforzate dall’installazione di missili americani di nuova generazione se i risultati dei negoziati SALT II tra la Casa Bianca e il Cremlino non fossero stati positivi. A causa di un continuo deterioramento della situazione internazionale, si scivolò rapidamente verso l’idea di procedere con l’installazione dei cosiddetti euromissili in alcuni Paesi del blocco atlantico, come l’Italia e la Repubblica Federale Tedesca, decisione che generò un trasversale fronte di dissenso da parte delle popolazioni locali. L’opposizione fu alimentata e interpretata dalle forze di sinistra, dando anche luogo a un ampio dibattito parlamentare e, in alcuni casi – come in Italia – alla caduta dei governi in carica2.

Le tensioni tra le superpotenze si aggravarono ulteriormente a causa del crescente interventismo sovietico: dopo aver toccato il picco nell’agosto 1975, il processo di distensione si ripiegava su sé stesso. Nel dicembre 1979, l’Unione Sovietica intervenne militarmente in Afghanistan: Kabul diventava così l’ultimo obiettivo della politica di potenza dell’URSS3. Nonostante l’Unione Sovietica fosse in difficoltà nella gestione delle dinamiche interne al blocco comunista – in particolare in Polonia, in bilico da un decennio tra stasi e crisi4 –, Mosca non rinunciava alle proprie ambizioni internazionali in ambito extraeuropeo, ricalcando alcune delle linee direttrici che erano state proprie della seconda fase del bolscevismo tra le due guerre5.

La «globalizzazione della Guerra fredda»6 ampliava, quindi, gli scenari e la sfida islamista investiva le relazioni internazionali, divenendo un vero e proprio spartiacque per le superpotenze e i Paesi europei nel loro incontro con i Paesi del cosiddetto Terzo Mondo.

Alla fine del 1978, il regime filo-occidentale dello scià Reza Pahlavi veniva travolto dalla rivoluzione guidata dall’ayatollah Ruhollah Khumayni, meglio conosciuto in Occidente come Khomeini, rientrato dal suo lungo esilio all’estero7. La saldatura tra la proposta politico-culturale khomeinista e l’antioccidentalismo fu immediata in seno alla società iraniana, frutto inatteso del



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