La filosofia di Rorty by Unknown

La filosofia di Rorty by Unknown

autore:Unknown
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2022-12-25T00:00:00+00:00


Descrivendo la tendenza umana all’Assoluto come un residuo della convinzione infantile che i genitori siano immortali e benevoli, Rorty adottava un’idealizzazione abbastanza parziale dell’infanzia: i bambini, in realtà, chiamano i genitori quando ne hanno bisogno, ma tendono ad evitarli quando sono un ostacolo. Qual è, dunque, la tesi più infantile e opportunistica tra “Dio ci ama” e “Dio è morto”, o tra “la Natura ci indica la via” e “la natura non ha senso”? Questo dibattito sul ruolo epistemologico della realtà ha mostrato che, se McDowell aveva ragione nel sostenere che è possibile avere una comprensione concettuale di entità extra-linguistiche, e che quindi il neo-pragmatismo non deve avere necessariamente esiti scettici, gli usi di questa comprensione sono d’altro canto dipendenti da obiettivi etici proprio come Rorty sosteneva dall’inizio. Infatti i due autori si trovano accumunati dal rinfacciarsi la medesima accusa di infantilismo – accusa che evidentemente, come Rorty stesso dovette ammettere, “è una lama a doppio taglio”13.

Sul versante morale la questione è speculare, ma presenta alcune differenze interessanti. Rorty sembra infatti profondamente convinto che, come nel caso della ricerca della verità, non sia possibile ricercare punti d’appoggio (logici o empirici) indipendenti dalle inclinazioni socio-culturali dei dialoganti per individuare la natura del bene: “non c’è una base neutrale condivisibile su cui io e un esperto filosofo nazista potremmo appoggiarci per venire a capo delle nostre divergenze: continueremmo a fare petizioni di principio su tutti i punti fondamentali, argomentando circolarmente”14. Dietro questa sfiducia nel metodo razionale, che getta un’ombra inquietante sull’arbitrarietà delle posizioni personali, c’è una lunga serie di valide considerazioni. Anzitutto, la consapevolezza che il cambio di convincimenti profondi a seguito di un dibattito argomentativo è, in effetti, un evento psicologicamente raro. In secondo luogo, l’enfasi storicistica sulla difficoltà di tradurre concetti con referenti simili in lingue appartenenti a culture diverse. Infine, le motivazioni che abbiamo già menzionato: la negazione empirista dell’intrinseca concettualità dei fenomeni naturali, un certo fastidio modernista per l’idea che esistano standard extra-umani in base a cui valutare le pratiche etico-cognitive e, possiamo aggiungere, il sospetto marxista e nietzscheano che dietro l’appello a tali standard ci siano pratiche di potere mascherate. L’insieme di queste considerazioni spingeva Rorty alla constatazione che in genere

prima decidiamo se una guerra è giusta, o se la pena di morte e l’aborto sono leciti, e poi ci interroghiamo sulla natura del nemico, del condannato o del feto. Se proviamo a fare il contrario, ci accorgiamo che i filosofi non sono in grado di fornire definizioni di cosa sia giusto meno controverse di quelle su cui erano basate le iniziali decisioni pratiche.15



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