La Giustizia come professione by Gustavo Zagrebelsky

La Giustizia come professione by Gustavo Zagrebelsky

autore:Gustavo Zagrebelsky [Zagrebelsky, Gustavo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2021-04-14T12:00:00+00:00


7. La coscienza dell’avvocato.

In termini semplici, i non giuristi si pongono una domanda, di solito con riguardo al processo penale dove i profili etici sono piú evidenti: l’avvocato che sa della colpevolezza di chi gli si rivolge può assumerne la difesa, oppure deve rifiutarla? O, detto altrimenti: perché la sua coscienza professionale sia tranquilla, l’avvocato deve essere certo dell’innocenza del suo cliente o, quanto meno, essere nel dubbio. Lo stesso, in ogni tipo di processo: deve essere in buona fede nel difendere le ragioni del proprio cliente?

Il pubblico profano, magari con una certa superficialità, pensa che difendere chi ha commesso una cattiva azione e cercare di farla apparire innocente equivalga a diventarne corresponsabile. Penserà, insomma, che quell’avvocato, capace di trasformare il bianco in nero e il nero in bianco, sia un «cattivo cristiano» (supra, cap. II, par. 1. Giuristi cattivi cristiani). Il codice deontologico chiede all’avvocato di rifiutare la sua opera quando, dagli elementi conosciuti, possa desumere ch’essa contribuisca alla realizzazione di «operazioni illecite». Che cosa questa dizione possa significare non è chiaro. Chiara invece l’esigenza generale alla quale corrisponde: l’avvocato non deve diventare «complice» del suo assistito nel – diciamo cosí – compiere le sue cattive azioni. Soprattutto in certi ambienti dove dominano l’illegalità, la violenza e l’omertà sue compagne, quella norma è un invito, non si sa quanto efficace, a non cadere in una rete di connivenze, ricatti e complicità da cui non si potrà uscire, anche perché, entrando, si viene a conoscenza di cose che soffocano la libertà, quella libertà che è la quintessenza d’ogni «professione liberale». L’«avvocato di mafia», per esempio, è ancora un libero professionista?

I giuristi di oggi, di solito, eludono la questione di coscienza con vari argomenti. Per esempio, sarebbe, questa, un’ingenuità propria delle anime semplici. Tutti, anche i peggiori delinquenti, hanno il sacrosanto diritto d’essere difesi. Già, ma perché proprio da te? Di avvocati ce ne sono tanti e, anche se non si trovasse quello disposto, esiste la difesa d’ufficio. Altro argomento: all’avvocato interessano soltanto gli aspetti giuridici, gli stessi che il giudice dovrà valutare. La responsabilità, la colpevolezza, la moralità del suo assistito è del tutto irrilevante. L’avvocato non vorrà nemmeno saperne. Ciò che conta, per lui, sono esclusivamente i profili giuridici del caso e gli argomenti legali ai quali potersi appoggiare. I suoi doveri stanno tutti e solo qui: nella trattazione competente e scrupolosa della causa. Tutto il resto – si dice – appartiene a un’altra dimensione, la morale, e la morale con il diritto positivo – cioè con la trama delle leggi stabilite dal legislatore – non deve essere mescolata. Del resto, la giustizia non sta quasi mai nell’alternativa tutto o niente, bianco o nero. Ci sono tante sfumature di giustizia e di ingiustizia, lavorando sulle quali le domande radicali non si pongono o non si pongono come vorrebbero coloro che dividono il mondo tra il bene e il male.

Pur tuttavia, per chi non crede possibile la netta separazione della legge dalla giustizia, del diritto dall’etica e dalla morale, per



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