La grande storia della prima guerra mondiale by Martin Gilbert

La grande storia della prima guerra mondiale by Martin Gilbert

autore:Martin Gilbert [Gilbert, Martin]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852050435
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Ogni nave da guerra, ogni mercantile alleato o neutrale che percorresse, carico di viveri o di materiali, l’Atlantico oppure il Mediterraneo, viveva nel terrore di un attacco subacqueo. In quattro anni di guerra la Gran Bretagna vide colare a picco oltre 2000 delle sue navi militari e da carico, con oltre 12.000 morti. I sottomarini tedeschi distrutti furono più di 200, con 515 ufficiali e 4849 marinai morti. Si tratta di cifre modeste se paragonate a quelle delle perdite sui fronti occidentale e orientale, ma per chi combatteva sui mari, o li solcava per mestiere, rappresentavano l’alto prezzo di una guerra pericolosa.

Sulla Somme le armate anglo-francesi conducevano ormai una guerra di logoramento più che di movimento. Era una guerra di boschi, macchie, vallate, gole e villaggi presi e perduti, ripresi e di nuovo perduti. Il 17 agosto il poeta e pittore inglese Isaac Rosenberg scrisse a un amico: «Ci tengono abbastanza impegnati adesso, e il clima qui è davvero insalubre: non lo reggono neppure i medici. Oggi la giornata è stata piuttosto movimentata e, benché io sia dietro le linee, appena al di là delle trincee, ne ho visti spedire parecchi al Creatore o all’ospedale. Io stesso ne ho portato uno con un carretto a mano fino all’ospedale da campo, che spesso è l’anticamera della morte».

Il 18 agosto le truppe tedesche attestate a Bosco Leuze sferrarono un contrattacco. Il corrispondente di guerra Philip Gibbs li vide avanzare verso le trincee britanniche «fianco a fianco, come un’unica barriera». Era «un vero e proprio suicidio. Ho visto i nostri azionare le mitragliatrici e il lato destro della barriera vivente frantumarsi, e poi l’intera fila cadere a terra fra l’erba bruciacchiata. Arrivò una seconda ondata. Erano uomini alti e avanzavano senza esitare, ma mi sembrò che camminassero come chi sa di andare alla morte. E morirono. La similitudine è logora, ma fu esattamente come se una falce invisibile li avesse recisi».

Gibbs osservò che tutte le lettere scritte in quelle settimane di combattimenti dai soldati tedeschi – lettere che «noi avevamo preso ai vivi o ai morti – contenevano un’unica invocazione disperata di dolore e di orrore». «Ho vissuto i giorni più terribili della mia vita» scrisse un tedesco. «Sono stati quelli della battaglia della Somme. Cominciò con un attacco nella notte fra il 13 e il 14 di agosto. L’attacco è andato avanti fino alla sera del 18, quando gli inglesi hanno scritto a lettere di sangue sui nostri corpi: “Siete spacciati”. Un pugno di sventurate creature, semifolli, consunte nel corpo e nell’anima, era tutto ciò che restava di un intero battaglione. Noi eravamo quel pugno.»

In molti battaglioni tedeschi le perdite erano «drammatiche, ma non superiori alle nostre» scrisse Gibbs «e alla metà d’agosto il morale delle truppe era fortemente scosso».

Il 18 agosto in una caserma di Warley, nell’Essex, si riunì la corte marziale non per giudicare un soldato accusato di diserzione, bensì un pacifista che si era rifiutato di svolgere qualsiasi forma di servizio militare o civile. Quell’uomo era il ventiseienne Clifford



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