La libertà come stile di vita by Tom Hodgkinson

La libertà come stile di vita by Tom Hodgkinson

autore:Tom Hodgkinson
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


«Siate originali!» è un motto che ogni giardiniere dilettante dovrebbe fare suo. La maggior parte delle persone che hanno un giardino fanno ben pochi esperimenti. Procedono lungo strade già battute, senza riflettere sulle straordinarie opportunità che perdono. Ogni giardino, per quanto piccolo, dovrebbe possedere una sua individualità: qualche caratteristica che lo salvi dalla banalità.

Come in giardino, anche nella vita in senso lato noi tutti abbiamo paura di sperimentare. Ma la parola «esperimento» è molto utile. Invece di fare una cosa sul serio, diciamo che stiamo «sperimentando». «I Beatles erano drogati?» chiedevo ai miei genitori da ragazzino. «Be’» rispondevano loro «sperimentavano le droghe.» Ma al di là della valenza eufemistica di questa parola, è divertente trasformare le nostre vite in una serie di esperimenti. Se l’esperimento fallisce, non importa: se ne fa un altro. Quando ci siamo trasferiti in campagna, avevamo intenzione di fermarci solo per qualche mese. Era un «esperimento». Ora che siamo qui da quattro anni, stiamo ancora «sperimentando». In un mondo nel quale ci si chiede in continuazione di «prendere un impegno», è liberatorio concedersi un po’ di dilettantismo. Non prendetevi impegni. Provate tutto.

Nel giardinaggio, come nelle faccende domestiche, la cosa migliore è fare il più possibile da soli. Per noi è facile, perché abbiamo un giardino piccolo, eppure anche quello a volte ci sembra un peso. Ma imparare a conoscere i fiori, le piante, il terriccio, e prendersene cura, piantarli, mangiarli: la vita offre ben poche attività così piacevoli, utili e gratificanti. Quando ero giovane non avvertivo il fascino del giardinaggio, dal momento che mi interessavo soltanto all’alcol. Ora però capisco che tutti quei gentiluomini di mezza età e quelle signore anziane si divertivano davvero quando lavoravano in giardino, mentre io li ritenevo persone noiose. La mia vita è migliorata enormemente, perché ora mi interesso di giardinaggio e di alcol: due piaceri, dove prima ce n’era uno solo. E i due si sposano molto bene: non c’è niente come una bella birra dopo due ore con la vanga in mano, e non c’è niente come due ore passate a zappare dopo una nottata di stravizi. Fa meraviglie per i postumi della sbornia. Anzi, un lettore dell’«Idler» ci ha scritto che beve apposta più del dovuto, solo per il piacere di farsi passare il mal di testa estirpando erbacce la mattina dopo.

Il modello di vita borghese, che prescrive di assumere degli «aiuti», come sono eufemisticamente chiamati i servitori, è un modello difettoso. Quello che vi serve non è aiuto pagato, ma aiuto non pagato. Nel 1900, quindici persone vivevano nella fattoria isolata in cui vivo io ora. La coppia aveva dieci bambini, e c’erano «uomini della casa» che mangiavano e vivevano con la famiglia finché non si sposavano. È evidente che in molte case del Settecento i servi erano trattati bene e il rispetto era reciproco. Il dottor Samuel Johnson, per esempio, nella sua casa di Gough Court, aveva cinque o sei servitori residenti. Il suo «servo» Francis Barber, di cui è ancora oggi appeso in casa Johnson un ritratto eseguito da Joshua Reynolds, fuggì per mare, e Johnson pagò perché fosse affrancato.



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