La montagna dentro by Hervé Barmasse

La montagna dentro by Hervé Barmasse

autore:Hervé Barmasse [Barmasse, H.]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: i Robinson / Letture
ISBN: e9f2fce5133a17eaf40097be28ed1b74c96d6168
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2015-01-14T23:00:00+00:00


6 Apparecchio ricetrasmittente utilizzato per la ricerca delle persone coinvolte in una valanga.

7 Bivacco d’emergenza ottenuto scavando una buca nella neve.

Capitolo diciottesimo

«Dove attacchiamo?», chiede Giuseppe Alippi, soprannominato «Det», rivolgendosi a Casimiro Ferrari e Mauro Girardi alla base del Cerro Piergiorgio prima di tentare la scalata della parete ovest.

«Al centro», risponde deciso Casimiro. «Su questa parete tutte le vie dovranno rimanere a destra o a sinistra della via Ferrari. Su questo non ci piove».

Aveva le idee chiare il leader carismatico dei Ragni di Lecco che più di tutti negli anni Novanta aveva raccolto successi sulle cime più famose della Patagonia. Alla sua tenacia, alle sue idee e alla sua creatività si devono le grandi imprese dei Ragni, dal Cerro Torre al Fitz Roy, dal Riso Patrón al Cerro Murallón. Solo il Piergiorgio non è crollato sotto la sua determinazione. Adesso quel compito spettava a noi: Giovanni Ongaro, Matteo Bernasconi, Cristian Brenna e il sottoscritto.

Il presidente Pirovano era stato di parola. Ci aveva pagato il viaggio in Sud America e, anche se il mio stato di salute non era al 100%, ero pronto a giocarmi le carte su quella cima che mi aveva respinto l’anno prima. Se la schiena o il ginocchio dolevano, stringevo i denti, se non sopportavo il male, prendevo qualche antinfiammatorio. Anche tra di noi le cose funzionavano alla grande. A Giovanni e Cristian mi legava l’amicizia nata in Pakistan nel 2005 e con Matteo non si poteva non andare d’accordo. Bravo, simpatico, con i suoi modi buffi e la battuta sempre pronta, era difficile rimanere seri in sua compagnia. Solo il meteo e la parete erano ostili. Faceva sempre brutto tempo e le temperature erano molto più rigide rispetto all’anno precedente, inoltre la scalata sulla via provata dai Ragni si dimostrava molto complicata. Anche perché fessure, diedri e terrazze descritti nel tentativo di Casimiro erano spariti o più semplicemente crollati e io sapevo bene il perché. Ci capitava spesso di vedere sopra le nostre teste, a decine di metri da noi, qualche chiodo piantato nel mezzo di una lavagna liscia come il marmo levigato, irraggiungibile a causa dei crolli che c’erano stati nel frattempo. Dovevamo trovare soluzioni differenti cambiando completamente direzione alla ricerca di piccole imperfezioni e rughe nella roccia che permettessero di salire. Solo in piccoli tratti potevamo arrampicare in libera e procedendo in artificiale si saliva molto lentamente. Cinquanta metri di dislivello potevano corrispondere a parecchie ore di “lavoro”. Nessuno di noi si aspettava questo tipo di progressione, tuttavia, senza lamentarci e sfruttando ogni finestra di bel tempo, salivamo in parete con il miraggio di raggiungere l’ambita cima.

Sulle Alpi, questa ascensione non sarebbe stata così complicata e anche la scalata lenta e macchinosa non avrebbe condizionato il successo, ma in Patagonia è tutt’altra cosa. Le montagne difficilmente superano i 3500 metri, non ci sono quindi problemi legati all’alta quota come in Himalaya, ma il cattivo tempo può durare mesi e le tempeste di vento possono essere così violente da non permetterti di scalare anche con il cielo azzurro.



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