La Nausea by Jean-Paul Sartre

La Nausea by Jean-Paul Sartre

autore:Jean-Paul Sartre
La lingua: it
Format: mobi, epub
ISBN: 9780811217002
editore: Einaudi
pubblicato: 1962-01-01T23:00:00+00:00


Lunedì.

Non scrivo più il mio libro su Rollebon; è finita, non posso più scriverlo. Cosa farò dunque della mia vita?

Erano le tre. M’ero seduto a tavolino e avevo posato accanto a me il fascio di lettere che rubai a Mosca; scrivevo: «Avevano avuto cura di spargere le voci più sinistre. Evidentemente il signor dì Rollebon dovette lasciarsi trarre in inganno, poiché, in data 13 settembre, scriveva al nipote di aver redatto il suo testamento». Il marchese era li: in attesa di dargli definitivamente un’esistenza storica, gli prestavo la mia vita. Me lo sentivo dentro come un calore leggero alla bocca dello stomaco.

D’un tratto mi son accorto che non avrebbero mancato di farmi un’obbiezione: Rollebon era ben lontano dall’essere sincero col nipote, di cui avrebbe voluto servirsi se il colpo falliva, come di un testimonio a difesa presso Paolo I. Era assai più probabile che avesse inventato la storia del testamento per fare l’ingenuo.

Era un’obbiezione da nulla: un pelo nell’uovo, ma è bastato tuttavia perché mi abbandonassi ad una tetra meditazione. D’improvviso ho riveduto la grossa cameriera di «Camillo», la faccia stralunata del signor Achille, la sala dove avevo sentito con tanta precisione che ero dimenticato, abbandonato al presente. Mi son detto stancamente: «Come posso sperare di salvare il passato di un altro, io che non ho avuto la forza dì trattenere il mio?» Ho ripreso la penna ed ho cercato di rimettermi al lavoro; ne avevo fin sopra i capelli di tutte queste riflessioni sul passato, sul presente, sul mondo. Non domandavo che una cosa: che mi si lasciasse finire in pace il mio libro.

Ma appena mi son caduti gli occhi sul blocco di carta bianca, sono stato colpito dal suo aspetto, e, con la penna in aria, son rimasto a contemplare quel bianco abbagliante: com’era dura, e vistosa, com’era presente; non c’era che presente, in essa. Le parole che vi stavo scrivendo non erano ancora asciutte e già non mi appartenevano più.

«Avevano avuto cura di spargere le voci più sinistre.» Questa frase io l’avevo pensata; era stata un po’ di me stesso. Adesso s’era impressa nella carta e faceva blocco contro di me. Non la riconoscevo più. Non potevo nemmeno ripensarla. Era lf, di fronte a me; invano avrei ricercato in essa un segno della sua origine: chiunque altro avrebbe potuto scriverla. Ma io, io non ero affatto sicuro di averla scritta. Le lettere adesso non brillavano più, erano asciutte. Anche questo era scomparso: non restava più niente del loro effimero splendore.

Ho gettato attorno uno sguardo ansioso: presente, nient’altro che presente. Mobili leggeri e solidi, incapsulati nel loro presente, un tavolo, un letto, un armadio a specchio, - me stesso. La vera natura del presente sì svelava: era ciò che esiste, e tutto quel che non avevo presente, non esisteva. Il passato non esisteva. Affatto. Né nelle cose e nemmeno nel mio pensiero. Certo, avevo capito da un pezzo che il mio presente mi era sfuggito. Ma fino a quel momento credevo che si fosse soltanto ritirato fuori della mia portata.



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