La Nausea by Jean Paul Sartre

La Nausea by Jean Paul Sartre

autore:Jean Paul Sartre [Sartre, Jean Paul]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: N. Straniera
ISBN: 9780811217002
editore: Einaudi
pubblicato: 1962-01-01T23:00:00+00:00


A mia volta ho contemplato l’allievo del Politecnico, morto giovane. Il colorito cereo e i baffi da benpensante sarebbero bastati da soli a suscitare l’idea d’una morte precoce. Del resto, doveva aver previsto il suo destino: negli occhi chiari, che guardavano lontano, si leggeva una certa rassegnazione. Ma, nel tempo stesso, teneva la testa alta: in quell’uniforme sentiva di rappresentare l’Esercito francese.

«Tu Marcellus eris! Manibus date lilia plenis...» Una rosa recisa, un allievo del Politecnico morto: cosa può esservi di più triste?

Percorrevo lentamente la lunga galleria e passando salutavo, senza fermarmi, quei visi illustri che uscivano dall’ombra: il signor Bossoire, presidente del Tribunale del Commercio; il signor Faby, presidente del consiglio di amministrazione del porto autonomo di Bouville; il signor Boulange, commerciante, con la famiglia; il signor Rannequin, sindaco di Bouville; il signor di Lucien, nato a Bouville, ambasciatore di Francia negli Stati Uniti e poeta: uno sconosciuto in vesti di prefetto; Madre Santa Maria Luisa, superiora dell’Orfanotrofio; il signore e la signora Thérèson; il signor Thiboust-Gouron, presidente generale del consiglio dei probiviri; il signor Bobot, amministratore capo del Registro Marittimo; i signori Brinot, Minette, Grelot, Lefèvre, il dottore e la signora Pain, lo stesso Bordurin, dipinto dal figlio Piero Bordurin. Sguardi chiari e freddi, lineamenti fini, bocche sottili. Il signor Boulange era economo e paziente, Madre Santa Maria Luisa pietosa e attiva, il signor Thiboust-Gouron era duro con se stesso come lo era con gli altri. La Signora Thérèson lottava intrepidamente contro un male terribile. La sua bocca, infinitamente stanca, esprimeva a sufficienza il suo soffrire. Ma mai questa pia donna aveva detto: «Sto male». Si dominava: fissava le liste dei cibi, e presiedeva società di beneficenza. A volte, nel mezzo di una frase, chiudeva lentamente gli occhi e la vita abbandonava il suo viso. Questo languore non durava, però, che un secondo: subito la signora Thérèson riapriva gli occhi e riprendeva la frase. E nel laboratorio si sussurrava: «Povera signora Thérèson! Non si lamenta mai».

Avevo percorso il salone Bordurin-Renaudas in tutta la sua lunghezza. Mi son voltato. Addìo bei gigli, così delicati nei vostri piccoli santuari dipinti, addio bei gigli, nostro orgoglio e nostra ragion d’essere, addio, addio. Sporcaccioni.



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