La peste by Albert Camus

La peste by Albert Camus

autore:Albert Camus [Camus, Albert]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-17T12:25:11+00:00


3.

E per tutta una settimana i prigionieri della peste si divincolarono nei limiti del possibile; alcuni di loro, come Rambert, arrivavano persino a immaginare, lo si vede, di agire ancora da uomini liberi, di poter ancora scegliere. Ma effettivamente si poteva dire che allora, alla metà del mese d’agosto, la peste aveva ricoperto ogni cosa: non vi erano più destini individuali, ma una storia collettiva, la peste, e dei sentimenti condivisi da tutti. Il più forte era quello della separazione e dell’esilio, con tutto quanto comportava di paura e di rivolta. E per questo il narratore crede opportuno, in questo culmine del caldo e della malattia, descrivere, in maniera generale e a titolo d’esempio, le violenze dei nostri concittadini vivi, i seppellimenti dei morti e la pena degli amanti divisi l’uno dall’altro.

Fu a metà di quell’anno che il vento si levò, soffiando per parecchi giorni sulla città appestata. Il vento è particolarmente temuto dagli abitanti di Orano: non incontrando nessun ostacolo naturale sul pianoro dove la città è costruita, le raffiche s’ingolfano nelle strade con intatta violenza. Dopo i lunghi mesi in cui non una goccia d’acqua aveva rinfrescato la città, questa era coperta d’una patina grigia che s’incrinò al soffio del vento. E il vento sollevò nubi di polvere e di carta che battevano sulle gambe dei passanti divenuti più rari. Li si vedeva frettolosi per le strade, curvi in avanti, con un fazzoletto o la mano sulla bocca. La sera, invece degli svaghi con cui si tentavano di prolungare il più possibile quei giorni di cui ciascuno poteva essere l’ultimo, s’incontravano gruppetti di persone ansiose di rientrare a casa o di ripararsi nei caffè; sì che per alcuni giorni, al crepuscolo, che a quell’epoca giungeva più rapido, le strade erano deserte e soltanto il vento vi inoltrava i suoi continui lamenti. Dal mare agitato e sempre invisibile saliva un odore d’alghe e di sale; e la città deserta, sbiancata dalla polvere, satura di odori marini, tutta sonora dei gridi del vento, gemeva allora come un’isola maledetta.

Sino a qui la peste aveva fatto molte più vittime nei quartieri esterni, più popolari e meno comodi, che nel centro della città; ma all’improvviso sembrò avvicinarsi e stabilirsi anche nel quartiere degli affari. Gli abitanti accusavano il vento di trasportare i germi infettivi. «Imbroglia le carte», diceva il direttore dell’albergo.

Comunque fosse, i quartieri del centro sapevano che il loro turno era venuto sentendosi vibrare tutt’intorno, nella notte, e con frequenza sempre maggiore, la campana delle ambulanze, che faceva risonare sotto le loro finestre il richiamo tetro e senza passione della peste.

Nel centro stesso della città si ebbe l’idea d’isolare certi quartieri particolarmente colpiti, e di non autorizzare a uscirne che gli uomini i cui servizi fossero indispensabili. Coloro che sino allora vi erano vissuti non poterono fare a meno di considerare questa misura come una vessazione particolarmente diretta contro di loro, e in ogni caso pensavano, per contrasto, agli abitanti degli altri quartieri come a uomini liberi. Questi ultimi, in cambio, nei



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