La ragazza di Bube by Carlo Cassola

La ragazza di Bube by Carlo Cassola

autore:Carlo Cassola [Cassola, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2014-10-12T22:00:00+00:00


Mara si accorse subito che la madre la guardava in modo strano. E a cena, improvvisamente, si sentì domandare: «Si può sapere che cos’ha combinato il tuo Bube?»

«Ma niente» rispose Mara; però la voce le tremava.

«E allora cosa volevano da te i carabinieri?»

«Niente. Volevano sapere di un fatto, del tempo in cui Bube era partigiano...» Col padre erano rimasti d’accordo di dir così alla madre.

«E perché non l’hanno chiesto a lui?»

«Perché Bube in questo momento non c’è» rispose per lei il padre.

«Allora è vero che è dovuto scappare.»

«Chi l’ha detto?»

«Tutti, lo dicono.»

«Be’, sì... è stato il Partito a ordinargli così. I carabinieri lo volevano interrogare, e allora, al Partito, gli hanno detto di non presentarsi. Perché noi comunisti non dobbiamo render conto del nostro operato ai carabinieri. Dio...!» bestemmiò. «Sarebbe proprio da ridere se un comunista dovesse render conto delle sue azioni alla giustizia borghese...» A un tratto la madre lo interruppe:

«Tu con questi discorsi hai rovinato Sante. E ora rovini anche lei» e indicò Mara.

Il padre smarrì di colpo la sua sicurezza:

«Ma cosa vai dicendo?» balbettava.

«Sì, sei stato tu, coi tuoi discorsi, a metter su Sante... e a fargli fare la fine che ha atto. Sei stato tu la causa della sua morte.»

«Ma sei impazzita?».

«Perché se non eri tu a mettergli in testa l’idea dei partigiani» continuò la madre senza badargli «lui sarebbe rimasto qui... come hanno fatto tutti gli altri giovani... che non ce n’è stato uno, in paese, che sia andato tra i partigiani. Solo il mio figliolo c’è andato!» gridò quasi. «E sei stato tu a farcelo andare.»

«Volevi che io consigliassi Sante di presentarsi ai repubblichini?»

«Bastava che non gli mettessi in testa l’idea dei partigiani» ripeté implacabile la madre. «Oh, Signore! se fosse rimasto qui, il mio Santino sarebbe ancora vivo! Sarebbe ancora vivo!» e si mise a singhiozzare forte.

«Calmati, mamma» cominciò a dire il padre. Era sconvolto. «Sante... ha fatto il suo dovere. Io non ne ho colpa se aveva quei sentimenti... Tu, mamma, non lo devi dire che io ne ho colpa...» Improvvisamente gridò: «Io, lo riconosco, sono stato un cattivo padre... i figlioli li ho abbandonati che erano piccini... io mi son fatto mettere anche in prigione... Ma a Sante gli volevo bene... Era il mio orgoglio, Sante... io ero orgoglioso di avere un figlio così... Tu, mamma, non me lo devi dire in quel modo... dimmi quello che vuoi, ma questo no, non me lo devi dire.. Figlioli vi prendo anche voi a testimoni: io non ne ho colpa, non ne ho colpa...» Parlava e piangeva: Mara non lo aveva mai visto in quello stato.

Con voce tremante disse:

«Mamma. Babbo. Via, fate la pace.»

La madre alzò gli occhi, si asciugò le lacrime:

«Sì» disse con un soffio di voce. Si volse verso il marito: «Non ci guardare a quello che dico. È il dolore che mi fa parlare così... il dolore per quel povero figlio che mi è morto... Sì, anche tu gli volevi bene... non era figlio tuo, ma gli volevi bene lo stesso.



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