La sfera di Dyson by Eklund Gordon

La sfera di Dyson by Eklund Gordon

autore:Eklund Gordon [Gordon, Eklund]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 2015-01-10T16:00:00+00:00


17

Benché fuori fosse completamente buio, lì dentro non sembrava molto più freddo di quando era giorno. Non faceva caldo, ma si stava abbastanza bene. La temperatura era quasi ideale. Eppure, la tenente Uhura non riusciva ad addormentarsi.

Se ne stava raggomitolata tra le morbide pellicce, sul duro pavimento della casa che divideva con Christine Chapel. Uhura continuava a stirarsi, a sbadigliare, a muoversi da un fianco all’altro, mentre vicino a lei la Chapel dormiva tranquilla. Forse Uhura non riusciva a scrollarsi di dosso la tensione di quella giornata, lunga e piena di emozioni. Non poteva correre il rischio di prendere un sonnifero. La notte su Lira era breve, e avrebbe dovuto essere sveglia e attiva troppo presto. Gli eventi della giornata appena trascorsa le affollavano la mente come ologrammi di un notiziario. La ricerca di tracce di vita su Lira, il trasferimento sul pianeta, il viaggio nella foresta, la strana apparizione di Ola, la lotta di Kirk col Kova, la marcia fino al villaggio, Domo, i Klingoniani. Doveva dormire, pensò. Il Comandante Kirk voleva senz’altro che dormisse. Era stanca. Troppo stanca per stare in piedi. E forse troppo stanca anche per dormire.

Uhura si mise supina e sistemò la pelliccia in modo che le coprisse appena lo stomaco. Dimenò le dita dei piedi, sgranchì le ginocchia, incrociò le mani dietro la testa, e si sforzò di distinguere il soffitto nell’oscurità. Quale poteva essere il metodo migliore per farsi venire sonno? Conosceva varie tecniche, ma era tanto stanca, anche mentalmente, che le era impossibile concentrarsi a lungo su una qualsiasi di esse.

Sapeva che Kirk e Sulu avevano deciso di restare svegli fino all’alba. Dalla finestra filtrava la luce della loro casa. Di là dalla strada, anche Boggs e Kaplan erano svegli. Seppure debolmente, la luce della loro casa filtrava da un’altra finestra. Era una scienziata, lei. E gli scienziati hanno bisogno di presenza di spirito in qualsiasi momento. Una volta aveva coniato una frase: «La caratteristica, più comune di uno scienziato è la sua totale incapacità di andare d’accordo con un altro scienziato». Lei detestava la specializzazione. Ogni scienziato conosceva la sua materia così a fondo, che qualunque altra cosa nell’universo assumeva per lui una forma indistinta, irreale, illusoria. Per un bravo fisico, la biologia era una disciplina arcana; per un bravo biologo, la fisica era oscura.

L’Enterprise era fortunata ad avere a bordo il signor Spock. Aveva pensato più volte che lui era l’unico freno alla totale disintegrazione della Sezione Scientifica. Spock non era uno specialista. Spock era un anacronismo, come Leonardo da Vinci, nel senso che spesso sembrava sapere tutto di tutto. Conosceva anche la musica, per esempio. Uhura amava profondamente la musica. Faceva collezione di canzoni come altri fanno collezione di vecchi libri o di monete. Ma la conoscenza di Spock era superiore alla sua. Non sapeva cantare, o non voleva, ma capiva, e spiegava, meglio di chiunque altro quando lei, cantando, faceva un errore. E Spock non era un artista. Non aveva mai preteso di esserlo. Spock sapeva. Era uno studioso nel senso più esatto e migliore della parola.



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