La spiaggia segreta by Karen Swan

La spiaggia segreta by Karen Swan

autore:Karen Swan [Karen Swan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2021-06-14T22:00:00+00:00


Capitolo diciassette

«È la tata».

«È brava?»

«Si è montata la testa. Continua a passare il segno».

«Vuoi dire che non si prostra davanti a te? Buon Dio, sarebbe la prima».

«Non capisce che ci sono dei limiti», ribatté lui piccato.

Nina si girò dando le spalle alla finestra e sorrise. «Oh, è per questo che stava correndo nuda nel corridoio, allora?».

Lui le lanciò un’occhiataccia. Il sarcasmo era l’atteggiamento naturale di sua sorella. «Non essere ridi…».

«Emil, rilassati», disse lei ridendo. «Ti sto prendendo in giro. Sul serio, perché sei così teso, oggi?».

Lui non rispose.

Nina andò a sedersi sulla panca di legno. Era più comoda di quanto sembrasse, poiché le proporzioni erano ben studiate e il legno dei braccioli quasi morbido al tatto dopo secoli di carezze distratte. «Vieni a sederti. Voglio sapere tutto. Com’è andata finora?».

Emil la guardò, sopraffatto da una moltitudine di emozioni. Non riusciva a sceglierne una da usare come punto di partenza per il suo racconto. «Non lo so».

«Che cosa significa “non lo so”?».

Lui fece spallucce e proprio in quel momento Måns entrò con il suo tempismo innato, posando il vassoio del tè e cominciando a versare.

«Be’, ti ha riconosciuto?»

«No».

«Per niente?».

Lui scosse la testa e guardò fuori dalla finestra, per evitare i suoi occhi indagatori. Si accorse solo dopo qualche istante che Måns gli stava porgendo la tazza di tè. «Grazie».

«Be’, non essere sorpreso. Quanto aveva, tre anni?»

«Due anni e quattro mesi».

«Giusto», riprese lei lentamente. «Quindi è del tutto normale. Tanto più se consideriamo che Hanna non ha ritenuto opportuno mantenerti parte della sua vita, con visite in ospedale o fotografie…».

«Stava cercando di proteggerlo».

Lei inarcò le sopracciglia, uno dei tratti più affascinanti del suo viso. Conferivano al suo volto eleganza e fierezza, simili a pantere dormienti, seriche e vigorose. «Oh. Adesso siamo dalla sua parte, vero?».

Lui sospirò e Nina lo scrutò con gli occhi socchiusi, esaminandolo con quella vista ai raggi X che possedeva fin dall’infanzia. «Per la cronaca, fratellino, io sono dalla tua, chiaro?». Gli fece l’occhiolino e si appoggiò allo schienale. «Allora, com’è andata da quando è arrivato qui? Adorerà questo posto, no?»

«È taciturno. Parla solo se interrogato. E riesce a malapena a guardarmi».

«Be’, non è facile guardarti… Santo cielo, era una battuta!». Sospirò, sbirciandolo dall’orlo della tazza. Emil capì che aveva intenzione di continuare a prenderlo in giro e a stuzzicarlo per farlo uscire dal malumore. Soltanto lei aveva quell’abilità, da quando erano piccoli; ma non aveva proprio voglia di scherzare in quel momento.

«È tutta colpa sua».

«Di chi? Di Hanna? Oh, intendi della tata, vero?»

«Si sta mettendo in mezzo. Non posso passare del tempo da solo con lui. Come faccio a st-stendere un legame…».

«Stringere».

Lui aggrottò la fronte. «Che hai detto?»

«Si dice “stringere un legame”. Non stendere».

«Oh». Si soffermò brevemente sull’informazione, riformulando la parola. «Insomma, come faccio se lei è sempre tra i piedi? È ovvio che lui preferisce stare con lei. La conosce».

Nina sospirò. «Per favore, siediti, Emil. Sei agitato e sai che non ti fa bene».

Lui fece come le aveva detto: la disperazione lo rendeva docile.

«Come vanno i mal di testa?», chiese lei corrugando la fronte.



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