La stella della vita by Edmond Hamilton

La stella della vita by Edmond Hamilton

autore:Edmond Hamilton [Hamilton, Edmond]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:51:25+00:00


10

Seduto alla luce di quel sole brillante, Hammond si chinò a raccogliere un ciuffo d’erba. Erano grossi steli punteggiati di piccole macchie bianche e nere, ma che guardati da una certa distanza assumevano un colore grigio.

La piccola zolla di terra attaccata alle radici era completamente nera.

“Non è la Terra” pensò Hammond. Poi se lo volle ripetere. “Non è la Terra, sono in un mondo diverso.”

E cercò allora di stabilire quali fossero le diversità.

Respirava. Era un’aria calda e umida con un curioso sapore pungente che non era né profumo né odore. Sentiva il corpo più leggero, ma questo era dovuto alla forza di gravità leggermente più debole. Guardava in alto, e vedeva un cielo iridescente nel quale brillava un sole troppo grande, troppo bianco, e troppo luminoso.

Poi si guardò attorno lentamente. Sedeva accanto a una baracca di metallo simile a molte altre. Dall’altra parte della strada c’era invece una lunga fila di piccole costruzioni lucenti attorno alle quali erano stati coltivati giardinetti d’erba grigia, e fiori che Hammond non aveva mai visto. Lontano, oltre il terreno coltivato, si vedeva la linea nera della giungla.

Non gli sembrava una colonia penale. Questa constatazione aveva colpito Hammond non appena aveva visto la città. Le case erano pulite, le donne chiacchieravano da una soglia all’altra, e i bambini giocavano in mezzo alle strade.

Poi, su grossi trattori, erano arrivati gli uomini di ritorno dal lavoro gior-naliero nella foresta, e avevano salutato le mogli e i bambini. Non sembravano prigionieri, e ci vollero alcuni minuti perché Hammond capisse quanto fosse cambiato il concetto di “prigione” nella civiltà della Confederazione dei Soli. Kuum era un mondo di detenzione, non di pena.

Attorno non si vedevano guardie. In un certo senso erano i prigionieri stessi che si governavano.

Lontano, verso est, si vedeva la cima della torre in mezzo all’astroporto completamente circondato dalla scintillante barriera di luce.

Quando erano scesi a terra, una guardia Hoomen aveva loro mostrato quella barriera e aveva spiegato che si trattava di un campo elettromagneti-co costantemente mantenuto e generato dal loro posto di comando.

«Se lo toccate, non vi ucciderà» aveva detto «ma vi farà perdere i sensi per molto tempo. Non avvicinatevi mai.»

Poi aveva fatto un cenno verso l’alta torre di controllo, e nella barriera si era aperto uno stretto passaggio che aveva permesso l’uscita dei prigionieri in fila indiana. Subito dopo la barriera si era richiusa.

«E può essere aperta solo dalla torre» aveva borbottato Quobba. «Bene.

Molto bene.»

Da quel pianeta si sarebbe potuto fuggire solo con un’astronave. Ma le astronavi atterravano in un punto che i prigionieri non avrebbero potuto raggiungere. Così, sarebbero potuti andare in qualsiasi luogo del pianeta…

ma non fuggire.

Erano stati assegnati loro gli alloggi. Le famiglie erano state sistemate nelle villette, tutti gli altri erano stati avviati invece alle baracche.

Non avevano avuto molto tempo per guardarsi attorno, poi erano ritorna-ti gli uomini dal lavoro, e tutti quanti avevano cominciato a parlare tra loro facendosi concitate domande. Il vocio, l’eccitazione e la confusione di quei discorsi su stelle e galassie che Hammond non aveva mai sentito nominare lo avevano avvilito.



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