La torre maledetta dei templari by Barbara Frale

La torre maledetta dei templari by Barbara Frale

autore:Barbara Frale [Barbara Frale]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2020-02-14T23:00:00+00:00


VII

«Le fonti parlano chiaro, Maestà: Salomone conosceva la magia».

«E ne fece uso per il Tempio di Gerusalemme?»

«Sì, Vostra Maestà. L’intero edificio era una sorgente di potenza magica».

Il sole di mezzogiorno filtrava attraverso le vetrate policrome della Sainte-Chapelle creando meravigliose illusioni di colori senza corpo. Le lunghe figure di angeli e di santi, di martiri e confessori, ne ricevevano una nuova vita evanescente fatta solo di puro spirito e di luce. Vicino all’altare, Filippo IV stava in piedi assorto in chissà quali riflessioni. La tunica azzurra lunga fino alle caviglie, sacramentalmente lunga come quella di un vescovo, gli ricadeva sui fianchi giocando un’armonia perfetta di pieghe e di riflessi aurei che rispondevano all’oro zecchino con cui erano stati ricamati i gigli sulle maniche e lo spallone.

Davanti a lui, la schiena appena un po’ piegata in segno di deferenza, Alfino da Narni leggeva il fascicolo che aveva con grande scrupolo redatto.

«Maestà, secondo l’ebreo Giuseppe Flavio ogni parte del Tempio, pavimento compreso, era fatta d’oro massiccio. La chiave di tutto era in quell’anello, sire. Poteva garantire un potere incredibile a chi lo possedeva».

Alfino era sicuro di aver esposto i suoi concetti con chiarezza inappuntabile; o almeno, di aver sapientemente impresso al suo discorso la deviazione necessaria per lanciare all’intuito del sovrano un discreto ma chiaro messaggio. Accanto a lui Gandolfo Arcelli da Piacenza, Maestro del Cambio, lo fissava con una certa impazienza. Le Arti avevano offerto alla Sainte-Chapelle quella nuova, costosissima vetrata dove la saggezza di Salomone era istoriata in tutta la sua gloria, perciò Gandolfo, presidente delle Corporazioni di Parigi e membro di spicco della Chambre aux Deniers, aveva pensato a un discorso celebrativo da sfoderare nel giorno solenne in cui Sua Maestà fosse venuto a vederla con tutta la corte. Quando Alfino da Narni, uomo noto per la sua eloquenza, s’era offerto di tenere quel discorso a titolo gratuito, aveva accettato su due piedi. Solo che il discorso doveva vertere sulla saggezza di Salomone, che la vetrata effigiava. Alfino invece stava noiosamente andando fuori tema: parlava di magia e di anelli fatati. Come se non bastasse, la tirava pure per le lunghe, incoraggiato dal fatto che il re pareva dargli spago.

Ugo de Bouville, maggiordomo del Louvre, si faceva stizzosamente vento con il foglio sul quale aveva stilato l’ordine delle udienze, la lunga lista delle persone che Sua Maestà doveva ascoltare quel giorno. Anche se il refrigerio proprio non serviva, in quel livido mattino di febbraio.

«Maestà», disse Bouville. «Maestro Alfino vi esporrà il resto in un altro momento. Quando più vi piace, sire. Ma bisogna procedere con le udienze. Ci sono tante persone in attesa».

Per niente toccato dalle proteste del maggiordomo, come se Bouville fosse meno di un moscone importuno, il re alzò gli occhi lassù, dove la luce del sole filtrava illuminando la porpora e l’oro con i quali era ritratta la figura del grande re biblico.

«Maestro Alfino, voi attribuite le grandi ricchezze di Salomone al potere di quel misterioso sigillo», soggiunse. «Eppure, la Bibbia parla di miniere».

«Avete colto il cuore del problema, sire.



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