La tua vita e la mia by Alberto Ravagnani

La tua vita e la mia by Alberto Ravagnani

autore:Alberto Ravagnani [Ravagnani, Alberto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2021-05-14T12:00:00+00:00


DICIANNOVE

Ormai sono le undici di sera e Riccardo non è ancora tornato.

L’assistente sociale se ne è andata circa alle sei e io sono rimasto da solo con Ester. Ho ordinato due pizze e abbiamo mangiato insieme, poi mi ha costretto a fare altre imitazioni finché, verso le dieci, ha iniziato ad aver sonno. Ha lavato i denti, ha indossato il pigiama, ha preparato la cartella per domani e si è infilata sotto le coperte. Ha fatto tutto da sola, senza bisogno del mio aiuto. Mi ha chiesto soltanto di raccontarle una storia prima di addormentarsi. Suo fratello lo fa sempre, mi ha confidato.

Tutti i miei programmi sono saltati. Non sono andato né agli allenamenti di calcio né all’incontro in oratorio e non sono nemmeno riuscito a studiare per la verifica di filosofia. Ora rischio persino di non tornare a casa a dormire, perché di certo non posso abbandonare Ester prima che torni Riccardo.

Non so cosa fare.

Riccardo continua a non rispondere e sinceramente inizio a preoccuparmi.

Telefono ai miei? No, si incazzerebbero.

Chiamo la polizia? No, poi Riccardo finirebbe nei casini.

Avviso il don? In fondo è colpa sua se sono finito in questo casino. Sì, scrivo a lui. Ma è tutto così assurdo che non saprei neanche come iniziare. Così gli mando un audio.

«Ciao, don, scusa per il disturbo. Ti ricordi Riccardo, il ragazzo della Provvidenza? Ecco, in questo momento sono a casa sua perché lui è ancora fuori e io ho dovuto occuparmi di sua sorella, che ha sette anni. Non so che cosa fare perché lui non risponde al telefono e io non posso passare qui la notte. Però non posso nemmeno andarmene via lasciando da sola la bambina. E non posso avvisare nessun altro a parte te, altrimenti sicuramente qualcuno finirebbe nei guai. Ho bisogno di aiuto.»

Invia.

Adesso non mi resta che pregare e attendere una risposta.

Sbam. Un colpo dalla porta d’ingresso.

Mi alzo in piedi istintivamente.

Qualcuno da fuori sta provando a entrare muovendo convulsamente la maniglia, ma la serratura è chiusa. Seguono dei pugni alla porta e una voce che rimbomba per tutto il pianerottolo, ma non capisco cosa stia dicendo.

Deve essere Riccardo. Lo spero tanto.

Giro la chiave, abbasso la maniglia e apro.

Riccardo mi cade addosso a peso morto.

Tento di sostenerlo, ma non è facile perché è più grosso di me.

«Aiutami» riesce a dire con un filo di voce.

A fatica scivolo sotto di lui e faccio in modo che si appoggi sopra le mie spalle.

Non si regge in piedi.

Con uno sforzo incredibile mi trascino verso il divano, lo distendo, prima la schiena, poi le gambe sul bracciolo, infine le braccia lungo i fianchi.

Ha il respiro affannato e geme dal dolore ogni volta che lo tocco o lo muovo.

La faccia è coperta di sangue, i vestiti strappati e sporchi di terra, le braccia piene di lividi rossastri.

Lo hanno picchiato.

«Va tutto bene» gli dico. Ma sono in panico.

«Ester...»

«Chiamo l’ambulanza? La polizia?»

«No!» Vedo il terrore nei suoi occhi. Prova a sollevarsi verso di me, ma il dolore lo blocca.

«Per favore, no» ripete con la poca voce che gli è rimasta.



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