La via delle sorelle by Gaia Manzini

La via delle sorelle by Gaia Manzini

autore:Gaia Manzini
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2023-02-09T00:00:00+00:00


SCARPE ROTTE

Pari o dispari.

Pari o dispari era il nome di un cavallo. Da ragazzina avevo frequentato per due anni un corso di equitazione al Centro ippico lombardo di Milano. Se ti assegnavano Pari o dispari poteva andarti bene: avresti galoppato in modo elegante e veloce; oppure poteva andarti male: il cavallo si sarebbe subito innervosito e avrebbe iniziato a sgroppare non appena la malaugurata cavallerizza fosse montata in sella. Così quando Pari o dispari faceva il suo ingresso in maneggio, tutte distoglievano lo sguardo, con i muscoli contratti e lo stomaco chiuso. Pari o dispari incuteva timore.

Per molti anni ho avuto timore della mia ambizione. Esplicitare l’ambizione in famiglia era considerato deplorevole; esistevano solo la morigeratezza e l’understatement. Non mi sono mai ribellata, tanto più che il pudore era il necessario paracadute a un eventuale fallimento. Dentro di me sognavo di essere grande. Ho sempre sognato di scrivere, di parlare davanti a folle oceaniche, di avere talento, ma non l’ho mai detto a nessuno, mi avrebbe esposto al ludibrio del mondo.

Credo di essere stata una ragazza, poi una giovane donna, che per molto tempo aveva solo desiderato essere bella, senza riuscirci davvero. Dentro di me c’erano delle parole, dei racconti vaghi: assomigliavano perlopiù a pensieri annodati che graffiavano le pareti interne della cassa toracica. Tempo dopo, quando di anni ne ho compiuti trentaquattro, qualcuno mi disse che nelle mie parole c’era qualcosa. Quel qualcosa mi sembrò subito moltissimo: ciò che andavo cercando per cambiare la mia vita.

Mentre lavoravo in pubblicità, desideravo sempre avere un’altra occupazione. E, come me, moltissimi colleghi e amici. La nostra generazione ha vissuto dentro un continuo equivoco. Il lavoro era artistico, creativo, il migliore del mondo, ma in realtà era noioso e spesso avvilente, qualcosa da cui fuggire. Ci ostinavamo a essere giovani, ma giovani non lo eravamo più. Ci mostravamo felici, poi di notte piangevamo guardando il soffitto.

Dopo tre anni come copywriter, avrei fatto di tutto per scrivere sulla carta stampata e così, mentre ero in agenzia, mandai una mail alla redazione di un magazine che veniva distribuito gratuitamente in tutti i locali. Pezzi piccoli di sole cinquecento battute, molto ironici, irriverenti – esercizi di stile e di acume. Mi sembrava il posto giusto dove iniziare, o almeno provarci. Scrissi una mail sfacciata e mi firmai POD: Pari o dispari, come il cavallo grazie al quale ero passata di livello perché non mi aveva sgroppato, anzi, mi aveva elegantemente fatto saltare due ostacoli.

POD: un nome neutro, né donna né uomo. Non c’era nessuna rivendicazione di fluidità, era più che altro uno scherzo e un modo per aggirare i commenti di solito riservati alle donne. I primi articoli, che mandavo via mail, uscirono firmati POD. Il fatto che nessuno riuscisse ad attribuirmi un genere confondeva redazione e lettori, o almeno così mi aveva scritto il mio riferimento al giornale. Sembrava una brillante strategia di autopromozione. Invece, era solo uno scudo.

Natalia Ginzburg, autrice venerata, nel racconto Estate, pubblicato sul mensile Darsena nuova nel 1946, scrive: “Andavo ogni



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