La visitatrice by Maeve Brennan

La visitatrice by Maeve Brennan

autore:Maeve Brennan [Brennan, Maeve]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2012-09-14T16:00:00+00:00


A cena Anastasia interrogò la nonna.

Disse: «Oggi sono stata a trovare la signorina Kilbride».

«Che il Signore l’aiuti, ho paura che non migliori molto. Ah, temo che non resterà con noi a lungo.»

Anastasia prese un pezzo di pane e se lo mise sul piatto.

«Mi ha raccontato di quel giovanotto di cui è stata innamorata, tanto tempo fa. Tu l’hai mai conosciuto?»

La nonna la guardò con aria maliziosa e divertita.

«Ha ricominciato a parlare di lui? No, non l’ho mai incontrato. E stata una storia importante, ma non s’è mai saputo se sia davvero andata come diceva lei. Cosa ti ha raccontato?»

«Oh, non molto. Ha detto che è annegato.»

«Sì, pare proprio di sì. Lei la prese molto male.»

Fissò le uova che aveva nel piatto e ci giocherellò.

«Katharine mi ha detto che ci sono uova in abbondanza quest’anno. Quest’anno il laburno starà bene. Finora non ha fatto troppo freddo. Se continua così, presto dovremo spegnere il fuoco.»

Katharine entrò a passo di marcia, con la marmellata.

Disse: «Nel giardino sul retro c’è qualche bucaneve. Li raccoglierò così potrà portarli con sé, domani».

Sapevano tutte a cosa si riferiva. La signora King andava ogni pomeriggio sulla tomba del figlio.

Con voce pensierosa disse: «Ho ordinato che il mio nome venga inciso sulla sua lapide. Sulla lapide di John. Voglio che si faccia come dico io. Non ammetterò errori».

Katharine non se ne andò. Iniziò a tagliare il pane, fetta dopo fetta, lentamente. Affettava senza far rumore e le sue dita stringevano delicatamente il pane soffice.

Anastasia disse: «Dovremmo ordinare che incidano anche il nome di mia madre. Voglio che sia riportata a casa. So che lei voleva così. Una volta me l’ha scritto. Ho la lettera nel messale».

La sua voce suonò sorpresa e sfiatata, come se non avesse avuto intenzione di parlare. Fece per sorridere, per rendere la conversazione naturale e disinvolta, ma aveva le labbra secche.

In tono cordiale la nonna disse: «Non starai parlando sul serio, Anastasia. Da Parigi a qui? È fuori questione. Che cosa ti è saltato in testa?» Prese un pezzetto di pane e lo immerse nell’uovo che aveva sul piatto.

Anastasia balbettò: «Ci contava. Le ho promesso che l’avremmo fatto, se fosse stato possibile. Non so perché non ne ho parlato prima. Non costerà molto. Voleva stare con mio padre».

«E allora, cara bambina, perché non è rimasta qui?»

«Voleva soltanto andarsene per un po’. Poi ha avuto paura di ritornare. Mentre eravamo lontane continuava a ripetermi “Forse l’anno prossimo torniamo”. Voleva tornare.»

«Anastasia, non ho intenzione di parlar male dei defunti, e in particolar modo di tua madre, ma non è stata mai in grado di prendere una decisione. È puerile pensare di riportarla fin qui, ed è sciocco. Dopotutto un corpo è solo un corpo, ed è stata sepolta secondo il rito cattolico, mi auguro.»

Anastasia scoprì con stupore di essere ancora seduta a tavola, al proprio posto. Katharine aveva finito di tagliare la pagnotta e ora la stava ricomponendo, sistemando le fette una vicina all’altra con entrambe le mani. Fissò Anastasia con occhi terrorizzati, colmi di lacrime. Anastasia distolse lo sguardo e guardò la nonna, che fingeva di mangiare.



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