L'amico della morte (1852) by Pedro Antonio de Alarcón

L'amico della morte (1852) by Pedro Antonio de Alarcón

autore:Pedro Antonio de Alarcón
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantastico
editore: Franca Maria Ricci editore
pubblicato: 1852-01-14T16:00:00+00:00


XIII, Eclisse di luna

Non avrebbero mai messo fine

al triste pianto

i pastori, né si sarebbero spente

le canzoni che solo il monte udiva,

se guardando le nubi colorate

al tramontar del sole bordate d’oro,

non avessero visto che era ormai

trascorso il giorno.

L’ombra si vedeva

venir correndo in fretta

giù dalle fitte falde

dell’altissima montagna…

Garcilaso

Oh! sì: il giovane la guardava… come il cieco guarda il sole; senza vedere l’astro, ma sentendone il calore nelle morte pupille.

Dopo tanti anni di solitudine e di pena, dopo tante ore di funebri visioni, egli, l’Amico della Morte, si sentiva perduto in un oceano di vita, in un mondo di luce, di speranza, di felicità!

Che cosa doveva dire, che cosa doveva pensare lo sventurato, se ancora non riusciva a credere che esisteva, che quella donna era Elena, che egli ne era lo sposo, che entrambi erano sfuggiti agli artigli della Morte?

“Parla, Elena mia!… dimmi tutto!” esclamò alla fine Gil Gil, quando ormai il sole era calato e gli uccelli interruppero il silenzio. “Parla, mio bene!…”

Allora Elena gli raccontò tutto quello che aveva pensato e provato negli ultimi tre anni; il suo dolore quando aveva cessato di vedere Gil Gil; la sua disperazione quando si era recata in Francia; come lo aveva scorto, alla partenza, sulla porta del suo palazzo; come il Duca di Monteclaro si era opposto a quell’amore, di cui era stato informato dalla Contessa di Rionuevo; come era stata felice di incontrarlo tre giorni prima nell’atrio di San Millán; quanto aveva sofferto nel vederlo ferito dalla terribile frase della Contessa… Tutto… gli raccontò tutto!… perché tutto aveva aumentato il suo affetto per lui, lungi dall’affievolirlo.

Cadeva la notte… e man mano che le sue tenebre si facevano più fitte, la segreta angoscia che turbava la gioia di Gil Gil si placava. “Oh!” pensava il giovane stringendosi Elena al cuore. “La Morte ha perduto le mie tracce, e non sa dove mi trovo… Non verrà qui, no!… Il nostro amore immortale la metterebbe in fuga! Che cosa avrebbe a che fare, la Morte, al nostro fianco? Vieni, vieni, notte tenebrosa, e avvolgici nel tuo nero velo! Vieni, dovessi pure durare per sempre!… Vieni, anche se il domani non dovesse più spuntare!”

“Tremi Gil…” balbettò Elena. “Piangi!…”

“Mia sposa!” mormorò il giovane, “mio bene!… mio cielo! Piango di gioia!”

Ciò detto, prendendo fra le mani il volto dolcissimo della sposa, fissò nei suoi occhi uno sguardo intenso, delirante, folle.

Un profondo e ardente sospiro, un grido di inebriante passione, si sciolse fra le labbra di Gil e di Elena.

“Amore mio!” balbettarono entrambi nel delirio di quel primo bacio, al cui delicato suono trasalirono gli spiriti invisibili della solitudine.

In quel momento, all’improvviso, spuntò la luna, piena, magnifica, splendente.

La sua luce irreale, inaspettata, turbò i due sposi, che volsero contemporaneamente il capo verso Oriente, allontanandosi l’uno dall’altra non sappiamo per qual misterioso istinto, ma senza lasciarsi le mani tremanti e contratte, e in quel momento fredde come l’alabastro di un sepolcro.

“È la luna” mormorarono entrambi debolmente.

Tornarono a guardarsi estaticamente, e Gil tese le braccia verso Elena con un sentimento indefinibile, di amore e di disperazione al tempo stesso…

Ma Elena era pallida come una morta.



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