L'apprendista di Michelangelo by Carlo A. Martigli

L'apprendista di Michelangelo by Carlo A. Martigli

autore:Carlo A. Martigli
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: Juvenile Fiction, General
ISBN: 9788852079719
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2017-03-27T22:00:00+00:00


21

Dopo un giorno e una notte passati in una cella del palazzo papale, ma senza più le catene ai polsi, Jacopo venne prelevato da due individui incappucciati. Spogliato delle braghe e della camicia, gli venne infilato dalla testa un saio di canapa dura, stretto in vita da una corda. Scalzo, fu accompagnato in una cappella sotterranea, illuminata da quattro torce alle pareti. Davanti all’altare ardeva un braciere con sopra una sbarra di ferro. In silenzio fu fatto sdraiare sul pavimento di mattoni rossi, faccia all’ingiù, a braccia aperte e con una benda sugli occhi. Udì uno scalpiccio di passi e un odore di piedi gli penetrò nelle narici. La cerimonia stava per cominciare.

«Alzati, Jacopo!»

Riconobbe la voce di Biagio da Cesena.

«Sei presente, Jacopo da Pistoia? Devi rispondere eccomi.»

«Eccomi.»

«Fratello» disse una voce sconosciuta, «sei sicuro che Jacopo da Pistoia sia degno di entrare nel nostro ordine?»

«Ne sono sicuro, vuole abbandonare la via del peccato e ha mostrato chiari segni di pentimento.»

«Così sia.»

«Jacopo da Pistoia!» Biagio gli si rivolse di nuovo. «Alzati! Mi giuri rispetto e obbedienza assoluta per tutta la tua vita terrena, prendendo Dio stesso a testimone? Devi dire “lo giuro”.»

L’animo di Jacopo avrebbe voluto gridare un “no” così deciso da far crollare i muri intorno. Durante la notte di meditazione, da solo e al buio, aveva potuto riflettere a lungo. E lentamente nella sua mente si era formato un piano. Quelle parole, tuttavia, lo avevano spaventato, e non era più sicuro di niente.

«Di’ “lo giuro”!» gli ordinò l’abate.

In quel tono Jacopo udì tutte le minacce che aveva ricevuto il giorno prima.

«Lo giuro» disse alla fine con un filo di voce.

«Si proceda dunque all’affiliazione, nunc et semper.»

“Ora e per sempre” aveva detto Biagio. Sperò che la cerimonia fosse quasi finita e di potersi finalmente togliere la benda dagli occhi. Mancava l’affiliazione, aveva sentito, e ritenne trattarsi di qualche altra formula. Magari gli avrebbero appoggiato una spada sulla spalla, come aveva visto in certe antiche pitture, quando i nobili prestavano giuramento al re e venivano nominati cavalieri.

Qualcuno si era allontanato di pochi passi, ritornando poco dopo. Un odore strano gli arrivò alle narici, non più quello di piedi, ma di brace o di ferro. Due mani robuste gli tirarono giù il saio dalle spalle e altre due lo immobilizzarono. Un dolore acuto, alla spalla, il più intenso della sua vita, lo penetrò in tutti i suoi sensi insieme all’odore di carne bruciata. La sua. Gridò e cercò di divincolarsi con tutte le sue forze, ma quelle mani e quelle forti braccia lo tenevano fermo. Gridò ancora mentre le lacrime gli bagnavano gli occhi e la benda che ancora portava. Cadde in ginocchio: avrebbe voluto strapparsi di dosso la carne che gli bruciava, ma aveva ancora le mani immobilizzate.

«Ecco» Biagio da Cesena, sempre lui. «Adesso ci appartieni anche davanti al mondo intero. Portatelo via e mettetegli sulla ferita l’erba di San Giovanni per farla guarire in fretta, e fasciatela bene.»

Mentre Jacopo, semisvenuto, veniva portato di nuovo nella cella per essere medicato, il capitano Marcellino si rivolse a Biagio da Cesena.



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