L'arpa e l'ombra by Alejo Carpentier

L'arpa e l'ombra by Alejo Carpentier

autore:Alejo Carpentier [Carpentier, Alejo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio Editore
pubblicato: 2020-01-12T16:00:00+00:00


Ben presto mi convinco che non sarà su queste terre di Cuba che potrò veder la faccia, impassibile e magnifica, del Gran Kan. Ho mandato due valenti messaggeri a controllare se qui si levi qualche città o fortezza importante (Luis de Torres, che, come ho detto, parla l’ebreo, l’arabo e il caldeo, e Rodríguez de Jerez, che conosce più d’un dialetto africano...) ed entrambi tornano con la notizia di aver trovato solo un villaggetto di capanne con indiani in tutto e per tutto simili a quelli che abbiamo visto finora. Non hanno rinvenuto indizi che lì ci sia l’oro. Hanno mostrato i piccoli campioni di cannella e chiodo di garofano che avevo dato loro, ma sembra che nessuno conoscesse simili spezie. Si allontanava, dunque, ancora un volta, il rutilante mondo di Cipango. Ma io non mi lasciavo abbattere dalla prospettiva di continuar la navigazione alla cieca su rotte sconosciute, rallegrandomi l’animo all’idea che dietro di me restavano due isole da me battezzate, da me iscritte nella geografia del mondo, visto che erano uscite dall’oscurità in cui le tenevano le barbare parlate con cui le designavano gli abitanti, nel ricevere l’augusto nome di Santa Maria della Concezione, e l’altro nome grato, a me gratissimo, di Isabella. E ritenendo che forse la relazione del mio viaggio avrebbe potuto esser letta, un giorno, dalla mia signora, mi sono prodigato a scrivere – come poi non ho più fatto per nessun altro luogo – le meraviglie delle foreste, il verde delle piante, che mi ricordavano (... a buon intenditor) le delizie del mese d’aprile in Andalusia, con i suoi profumi soavi, le sue fragranze di frutta, e (... a buon intenditor, di nuovo) «il canto degli uccellini», soggiogante al punto che «l’uomo giammai vorrebbe partire da qui...». Ma ora, dopo aver fatto qualche ricognizione lungo la costa di questa Cuba, dovevo proseguire in cerca dell’oro.

Dei sette indiani che avevamo catturato nella prima isola, due erano scappati. E quelli che ci rimanevano io li ingannavo (continuavano gli imbrogli) negando che avessi l’intenzione di portarli in Spagna per mostrarli a corte, e anzi, assicurando che li avrei riportati nella loro terra, con bellissimi regali, non appena avessi trovato una cospicua quantità d’oro. Dal momento che il nostro cibo suscitava in loro ripugnanza – né lardo, né formaggio, né gallette volevano assaggiare – accettando solo qualche pesce pescato sotto i loro occhi, che però non volevano mangiar fritto nel nostro olio, per di più rancido, ma semplicemente dorato sulla brace, li avevo abituati a bere il vino che avevamo portato in tale abbondanza che i nostri fornitori si erano stupiti che mi fossi ostinato a metter tutte quelle botti nella cambusa. Diffidenti all’inizio, perché sembravano creder fosse sangue, i prigionieri si erano affezionati al rosso ordinario, dopo averne conosciuto gli effetti, e in ogni momento alzavano un gran recipiente che era stato dato loro, chiedendone sempre più. La verità è che io li tenevo brilli, giorno e notte, perché così la smettevano di gemere e di lamentarsi,



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