L'assistente ideale by Cecile Bertod

L'assistente ideale by Cecile Bertod

autore:Cecile Bertod [Bertod, Cecile]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9781535595100
Google: sXE4vgAACAAJ
editore: CreateSpace
pubblicato: 2016-08-03T22:00:00+00:00


CAPITOLO 12

Non starò qui a ripetere le assurde peripezie che mi hanno permesso di raggiungere il suolo. Ci sono ricordi che non nascono per essere condivisi, ma solo per celarsi nelle anguste retrovie del nostro inconscio. Inconfessabili tarli che, di tanto in tanto, ritornano a farci visita con immagini raccapriccianti e ci fanno borbottare imprecazioni a mezza bocca di cui non confesseremmo alcun dettaglio neanche in punto di morte. Basti dire che ritengo sopravvalutate le convinzioni sulla resistenza della seta, immatura la propensione per la ghiaia e sconveniente la mania di far buche alla cieca in giardini che, tutto sommato, avrebbero fatto volentieri a meno dell’ennesimo laghetto per anatre previsto da architetti troppo sensibili ai richiami bucolici del Rinascimento.

Ma sono fiera di me. Sì…

Posso garantire di aver superato ogni difficoltà con un certo aplomb (tanto nessuno potrà mai smentirmi) e di aver oltrepassato quell’angolo di desolata brughiera in tempi ragionevolmente brevi rispetto alle sinistre previsioni iniziali. L’intoppo è arrivato subito dopo l’atterraggio, quando ho scoperto di essere l’unico essere vivente non dotato di canini sbarra aculei sbarra occhi iniettati di sangue del giardino. E non è stato certo d’aiuto trovare ogni porta chiusa a doppia mandata. Ma per fortuna non sono di quelle persone che si abbattono facilmente e mi sono fatta bastare la luce delle finestre del secondo piano per proseguire verso l’ignoto.

Da quel momento è stata una passeggiata.

Esatto.

Una lunga ed estenuante passeggiata di circa un’ora sotto il diluvio universale su due deliziose décolleté nere ridotte in canoe. Quelle situazioni drammatiche in cui sai già di non poter tornare indietro e non hai alcuna idea di ciò che ti aspetti, ma prosegui immaginando in lontananza un piumone, una tazza di cioccolato caldo e vibromassaggiatore cervicale.

E la mia situazione attuale, purtroppo, non si discosta molto dallo scenario prebellico appena descritto. Credo di essere solo una decina di passi più avanti, che struscio le scarpe nella ghiaia a stento riparata dai terrazzini del primo piano del castello.

Temevo che sarei morta. Ora inizio a sperarlo.

Dunque immaginate il mio sollievo quando, ormai certa di perdere la mia giovane vita tra le fauci di uno scoiattolo da giardino mi ritrovo, svoltato l’angolo, in un parcheggio asfaltato illuminato da faretti.

«Oddio…», mormoro commossa.

Come un assetato nel deserto, brancolo tra dune di Mustang e Jaguar metallizzate puntando la guardiola. Un uomo sonnecchia al suo interno. Riesco a vederlo da qui. E quando inizio a sbracciarmi lui, un po’ stordito, salta su dalla sedia e correre a soccorrermi.

Sono salva!

«Non… Non si preoccupi, sto bene».

Il custode si fionda fuori, grida qualcosa. Sembra davvero preoccupato, poi solleva le mani e… E mi punta una pistola contro.

Come non detto. Sono morta!

«Co… Cosa?».

Ok, magari una figura quasi scheletrica con un lungo vestito a brandelli che si avvicina agitando le braccia in piena notte, accompagnata da tuoni e scrosci di pioggia, non è proprio quello che si potrebbe definire un’apparizione tranquillizzante maa, porca miseria, non sfioro neanche il metro e settanta. Il peggio che possa fare è tirargli dietro la pochette, cerchiamo di razionalizzare, santo cielo!

«Un… Un secondo», rantolo, sollevando una mano.



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