L'attualismo (Bompiani) by Giovanni Gentile

L'attualismo (Bompiani) by Giovanni Gentile

autore:Giovanni Gentile [Gentile, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


2. Necessità dell’ignoto

Ma conoscere è conoscere con certezza, e si dubita di ciò che non si conosce, o di cui non si conosce quel tanto, che è per l’appunto materia di dubbio. Si dubita di Dio nel senso che se ne conosce l’essenza, ma non l’esistenza: si sa che cosa dovrebbe essere, se fosse; ma che sia, non si riesce a sapere, non si conosce. Si dubita del valore obbiettivo delle cognizioni umane, non perché siano ignote, esse stesse, queste cognizioni: il loro essere e contenuto è anzi il dato da cui nasce il problema; ma s’ignora quel rapporto tra il contenuto di esse e il con­tenuto di una presunta realtà esterna, a cui pur le cogni­zioni dovrebbero corrispondere; e questo che s’ignora è oggetto del dubbio. Dov’è un problema è un dubbio, e la certezza è nella soluzione per cui il problema cessa d’esser tale. Il dubbio si stende per tutta la sfera del­l’ignoto conosciuto come tale: noumeno, di là dal fe­nomeno.

Ignoto, del quale nessuna filosofia, per gnostica che sia, può fare a meno, se non per insufficiente critica della posizione intellettuale che essa presuppone o costituisce. Così come nessuna filosofia può sopprimere il tempo, per quanto lo neghi, o lo spazio, o la natura, o l’esperienza, che son pure oggetti sui quali s’è così spesso esercitata la negatività della dialettica filosofica.

Anche noi abbiamo negato il tempo e lo spazio e la natura e tutto il logo astratto, in cui cotesti miti trovano il modo di formarsi e affermarsi. Ma. negando il logo astratto, non abbiamo inteso di sopprimerlo, sì di risol­verlo nella concretezza del pensiero pensante, dentro al quale esso si ritrova come il passato dentro il presente, inattuale, l’attualità spettando al presente del pensiero, che, pensando, si sottrae alla vicissitudine del tempo. E neghiamo l’ignoto, poiché non altra realtà riconosciamo se non quella che si attua nel conoscere che è autoco­scienza. Ma dobbiamo pur conservarlo, come inattuale, poiché il nostro conoscere non è un immediato, ma un divenire. Sicché l’ignoto è tanto necessario al pensiero quanto il conoscere, come l’ombra è necessaria alla luce. L’ignoto è la base su cui lavora e costruisce il pensiero, la tenebra rotta dal lampo del conoscere, e che è prima e dopo del lampo: il non-essere del pensiero così oscuro come l’essere: il termine da cui passa come il termine a cui passa il pensiero, che è questo passare da un termine all’altro. Che cosa è di qua dal passare? Il soggetto che ancora non pensa e non è soggetto. Che cosa di là? L’og­getto che è pensato, e non più si pensa, e non è più og­getto. In un caso e nell’altro la tenebra, che resta quando la luce si spenga. E il pensiero è luce che s’accende, ma anche si spegne; pone sé come negazione del proprio non-essere e si ritrova innanzi a se stesso come negazione del proprio essere. Quindi il noumeno, che non è fuori del pensiero, e non è perciò accidentale rispetto al pensiero, ma gli



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