Le Guin Ursula K. - Earthsea 02 - 1971 - Le tombe di Atuan by Le Guin Ursula K

Le Guin Ursula K. - Earthsea 02 - 1971 - Le tombe di Atuan by Le Guin Ursula K

autore:Le Guin Ursula K. [Le Guin Ursula K.]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, Fantasy, General, Juvenile Fiction, Fantasy & Magic
ISBN: 9788804574651
Google: AquILQAACAAJ
Amazon: 8804574658
editore: Mondadori
pubblicato: 2008-01-01T23:00:00+00:00


In quell'ora grigia della sua esistenza, Kossil venne da lei, entrando a passo pesante nella stanza del tesoro, voluminosa nelle nere vesti invernali.

— Non è ancora morto?

Arha alzò la testa. Non c'erano lacrime nei suoi occhi, nulla da nascondere.

— Credo — disse, alzandosi e spolverandosi le gonne. — La luce si è spenta.

— Potrebbe essere un trucco. I senz'anima sono molto astuti.

— Attenderò un giorno per esserne certa.

— Sì, o due giorni. Poi Duby potrà scendere e portarlo fuori. È più forte del vecchio Manan.

— Tuttavia Manan è al servizio dei Senza Nome, e Duby no. Ci sono luoghi, nel labirinto, in cui Duby non deve andare: e il ladro è in uno di questi.

— Allora è già profanato...

— Verrà purificato dalla sua morte — disse Arha. Capiva, dall'espressione di Kossil, che il suo volto doveva apparire strano. — Questo è il mio dominio, sacerdotessa. Devo prendermene cura come mi comandano i miei Padroni. Non ho bisogno di lezioni sulla morte.

La faccia di Kossil parve ritrarsi nel cappuccio nero, come la testa di una tartaruga del deserto entro il guscio, lenta e acida e fredda. — Sta bene, padrona.

Si separarono davanti all'altare degli dèi gemelli. Arha, senza fretta, si recò alla Casa Piccola, e chiamò Manan perché l'accompagnasse. Da quando aveva parlato con Kossil, sapeva cosa doveva fare.

Insieme a Manan salì la collina, entrò nel palazzo e scese nella cripta. Tirando contemporaneamente la lunga maniglia, aprirono la porta di ferro del labirinto. Poi accesero le lanterne ed entrarono. Arha si avviò per prima verso la Camera Dipinta, e da là si avviò verso il Grande Tesoro.

Il ladro non era arrivato molto lontano. Arha e Manan non avevano percorso più di cinquecento passi nel tortuoso corridoio quando lo trovarono, accasciato nello stretto andito come un mucchio di stracci. Aveva lasciato cadere il bastone, prima di crollare: giaceva piuttosto lontano da lui. Aveva la bocca sanguinante, gli occhi semichiusi.

— È vivo — disse Manan inginocchiandosi e tenendo la grossa mano giallastra sulla scura gola, per sentirne le pulsazioni. — Devo strangolarlo, padrona?

— No, lo voglio vivo. Raccoglilo e seguimi.

— Vivo? — chiese Manan, inquieto. — Perché, padroncina?

— Per farne uno schiavo delle tombe! Taci e fa' come ti dico.

Con aria più malinconica che mai, Manan si caricò faticosamente sulle spalle il giovane, come un sacco, e seguì barcollando Arha. Non poteva andare molto lontano, con un simile peso. Si fermarono una decina di volte, lungo il percorso di ritorno, perché Manan potesse riprendere fiato. A ogni sosta, il corridoio era sempre lo stesso: le pietre giallo-grigiastre commesse strettamente che salivano a formare una volta, l'irregolare pavimento di roccia, l'aria morta; e Manan gemeva e ansimava, lo sconosciuto giaceva immobile, le due lanterne brillavano fioche in una cupola di luce che si restringeva nell'oscurità lungo il corridoio, in entrambe le direzioni. A ogni sosta, dalla borraccia che aveva portato, Arha versava un po' d'acqua nell'arida bocca dell'uomo: un poco alla volta, perché la vita, ritornando, non lo uccidesse.

— Alla Camera delle Catene? —



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