Le insidie di Tschai (1969) by Vance Jack

Le insidie di Tschai (1969) by Vance Jack

autore:Vance, Jack [Vance, Jack]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantascienza, Urania
editore: Mondadori
pubblicato: 1971-05-01T22:00:00+00:00


vostra.

— Pensatela come vi pare, ma proseguite verso est finché la macchina

sarà in grado di funzionare e la strada sarà percorribile.

Helsse fece un gesto di disperata rassegnazione.

La strada attraversava una bellissima campagna pianeggiante, ricca di

stagni e di corsi d'acqua. Reith continuava a guardare dal finestrino

posteriore, ma nessuno li seguiva. Settra ormai non si vedeva più.

Helsse pareva meno rassegnato, anzi, guardava davanti a sé con aria di

attesa, tanto che Reith si insospettì. — Fermatevi un momento.

— Perché?

— Cosa c'è più avanti?

— Le montagne.

— Come mai questa strada è in un così buono stato? Non mi pare che ci

sia molto traffico.

— Oh! — esclamò allora Zarfo. — La colonia montana per alienati

mentali. Dev'essere poco più avanti.

Helsse fece un risolino tirato. — Mi avete detto di dirigermi verso est, e

ho ubbidito. Non è nei patti che non vi conducessi in manicomio.

— Lo sarà da questo momento — disse Reith. — Vi consiglio di non

tentare più scherzetti di questo genere.

Helsse strinse le labbra e non disse altro. Al primo incrocio voltò in

direzione sud. — Dove porta questa strada? — domandò Reith.

— Alle vecchie miniere di mercurio.

Entrarono in una foresta dove uno spesso strato di muschio nero copriva

la strada che andava inerpicandosi sensibilmente.

Helsse guardò l'indicatore. — Abbiamo energia ancora per un'oretta.

— Cosa c'è là dietro? — domandò Reith, indicando le montagne che si

ergevano davanti a loro.

— Una zona completamente selvaggia. Ci abitano tribù di Hoch Har, in

riva al Lago della Montagna Nera, da cui nasce il fiume Jinga. La strada è

brutta e pericolosa. Però è un modo come un altro di uscire dal Cath.

Usciti dalla foresta, s'inoltrarono in una zona erbosa, cosparsa qua e là

da ciuffi di alberi con grosse foglie gialle, simili a funghi. La strada era in

pessime condizioni e a volte interrotta da grossi sassi. La montagna, grigia

e ripida, incombeva su di loro.

La strada finiva all'imbocco di una miniera in disuso e proprio lì il

motore si spense. L'indicatore d'energia segnava zero. Seguì un breve

silenzio interrotto dal vento.

Il gruppo scese, portando i pochi bagagli. Faceva piuttosto fresco,

nonostante il sole che inondava di luce color miele il paesaggio. Reith

esaminò il fianco della montagna per cercare il modo migliore di salire, poi

si volse verso Helsse. — E allora, cosa fate?

— Torno a Settra, naturalmente.

— A piedi?

— Meglio andare a piedi che andare a Kabasas.

— E gli assassini?

— Cercherò di provvedere per il meglio.

Reith prese lo scandaglioscopio per scrutare la strada da cui erano

venuti. — Pare che nessuno ci abbia seguito. Voi... — S'interruppe,

notando l'espressione di Helsse.

— Che cos'è questo strumento? — domandò Helsse. Reith glielo spiegò.

— Dordolio me ne aveva parlato... Non mentiva.

Un po' divertito e un po' seccato, Reith disse: — Non so cosa vi abbia

raccontato Dordolio, oltre a dire che siamo dei barbari. Bene, ora vi saluto,

e ricordatemi a Cizante.

— Aspettate! — esclamò Helsse, guardando incerto verso Settra. — A

pensarci bene, sarei più al sicuro a Kabasas. Non si sa mai quello che

possono decidere gli assassini. — Si volse a esaminare la montagna, infine

commentò con un sospiro: — Ma, naturalmente, è una follia!

— Non occorre farvi notare che, se siamo a questo punto, non lo

abbiamo voluto noi — osservò Reith.



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