Le Piccole Virtù by Natalia Ginzburg

Le Piccole Virtù by Natalia Ginzburg

autore:Natalia Ginzburg
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: ebook gratuita - vietata la vendita
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Silenzio

Ho sentito Pelléas et Mélisande. Di musica non ne capisco niente. Soltanto m'è venuto fatto di confrontare le parole dei vecchi libretti d'opera (Sconto col sangue mio - l'amor che posi in te), parole grosse, sanguinose, pesanti, con le parole di Pelléas et Mélisande ( J'ai froid - ta chevelure), parole fuggevoli, acquatiche. Dalla stanchezza, dal disgusto per le parole grosse e sanguinose, sono nate queste parole acquatiche, fredde, sfuggenti.

Mi sono chiesta se non è stato quello ( Pelléas et Mélisande) il principio del silenzio.

Perché tra i vizi più strani e più gravi della nostra epoca, va menzionato il silenzio.

Quelli di noi che oggi hanno provato a scrivere dei romanzi, conoscono il disagio, l'infelicità che coglie quando è il momento di far parlare dei personaggi tra loro. Per pagine e pagine, i nostri personaggi si scambiano delle osservazioni insignificanti, ma cariche d'una desolata tristezza: «Hai freddo?» «No, non ho freddo». «Vuoi un po' di tè?» «Grazie, no». «Sei stanco?» «Non so. Sì, forse sono un po' stanco». I nostri personaggi parlano così. Parlano così per ingannare il silenzio. Parlano così perché non sanno più come parlare. A poco a poco vengono fuori anche le cose più importanti, le confessioni terribili: «Lo hai ucciso?» «Sì, l'ho ucciso». Strappate dolorosamente al silenzio, vengono fuori le poche, sterili parole della nostra epoca, come segnali di naufraghi, fuochi accesi tra colline lontanissime, flebili e disperati richiami che inghiotte lo spazio.

Allora, quando vogliamo far parlare tra loro i nostri personaggi, allora misuriamo il profondo silenzio che s'è addensato a poco a poco dentro di noi. Abbiamo cominciato a tacere da ragazzi, a tavola, di fronte ai nostri genitori che ci parlavano ancora con quelle vecchie parole sanguinose e pesanti. Noi stavamo zitti. Stavamo zitti per protesta e per sdegno. Stavamo zitti per far capire ai nostri genitori che quelle loro grosse parole non ci servivano più. Noi ne avevamo in serbo delle altre. Stavamo zitti, pieni di fiducia nelle nostre nuove parole. Avremmo speso quelle nostre nuove parole più tardi, con gente che le avrebbe capite. Eravamo ricchi del nostro silenzio.

Adesso ne siamo vergognosi e disperati, e ne sappiamo tutta la miseria. Non ce ne siamo liberati mai più. Quelle grosse parole vecchie, che servivano ai nostri genitori, sono moneta fuori corso e non l'accetta nessuno. E le nuove parole, ci siamo accorti che non hanno valore, non ci si compra nulla. Non servono a stabilire rapporti, sono acquatiche, fredde, infeconde. Non ci servono a scrivere dei libri, non a tener legata a noi una persona cara, non a salvare un amico.

Fra i vizi della nostra epoca, è noto che c'è il senso della colpa: se ne parla e se ne scrive molto. Tutti ne soffriamo. Ci sentiamo coinvolti in una faccenda di giorno in giorno più sudicia. Si è detto anche del senso di panico: anche di questo, tutti ne soffriamo. Il senso di panico nasce dal senso di colpa. E chi si sente spaventato e colpevole, tace.

Del senso di colpa, del senso di panico, del silenzio, ciascuno cerca a modo suo di guarire.



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