Le porte regali by Pavel Florenskij

Le porte regali by Pavel Florenskij

autore:Pavel Florenskij [Florenskij, Pavel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2021-07-14T22:00:00+00:00


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La maschera si svigorì e nel suo cadavere si insediarono forze estranee alla religione, che oramai con essa non avevano nulla a che fare. Il contatto con la maschera divenne profanante; di qui i severi divieti della Chiesa contro le mascherate e il travestimento. Ma l’essere spirituale delle manifestazioni della cultura, e ancor più del culto, non muore, si trasforma, conduce a nuove immagini della creazione culturale, e spesso, attraverso queste, manifesta sé stesso più compiutamente e puramente di prima. E nel caso particolare, l’essenza sacrale della maschera non solo non si è estinta con la decomposizione dell’immagine precedente, ma dopo essersi separata dal suo cadavere si è creata un corpo artistico. L’icona. In termini storico-culturali, l’icona ha per l’appunto ereditato il compito della maschera rituale, elevando questo compito – manifestare del defunto lo spirito che, deificato, riposa in pace nell’eternità – al sommo grado. E, nell’ereditarlo, l’icona ha insieme recepito le particolarità tipiche della tecnica di preparazione della maschera sacrale e delle manifestazioni culturali a essa affini, e quindi anche le peculiarità di procedimenti artistici giunti a maturazione nel corso di millenni.

Storicamente il legame più stretto dell’icona è con l’Egitto, ed è precisamente qui che essa ha origine, come è qui che emergono le forme basilari della sua pittura. È chiaro che la complessa questione circa l’origine storica della pittura di icone, nella quale sono confluiti i maggiori conseguimenti dell’arte di tutto il mondo, così esposta è soltanto uno schema; ma, in una formulazione succinta, uno schema del genere sarebbe oltremodo corretto. È proprio la maschera egizia – il sarcofago di legno dell’antico Egitto decorato internamente, che custodiva la mummia e aveva esso stesso l’aspetto di un corpo fasciato da bende ma con il volto scoperto – la prima antenata della pittura di icone, come anche la pittura della mummia stessa, avvolta da bende intrise di colla sulle quali era applicato del gesso. Ecco così una pavoloka e un levkas antichissimi, su cui poi si dipingeva con colori ad acqua. La composizione della sostanza collante non mi è nota, tuttavia, se si rivelasse fatta con l’uovo, ciò non solo spiegherebbe la tradizione della pittura di icone – la cui origine in base a considerazioni utilitaristiche sarebbe difficile da spiegare –, ma inoltre si inserirebbe in profondità nel simbolismo teurgico dell’arte egizia, poiché nello spirito di una religione della resurrezione del corpo sarebbe del tutto naturale ricoprire il defunto di uovo, simbolo primordiale di resurrezione e di vita eterna.

È chiaro che nel dipingere la mummia o il sarcofago non c’era bisogno e non si dovevano applicare ombre, sia per un motivo artistico – poiché la mummia o il sarcofago erano già corporei, erano già cose – sia per un motivo simbolico – poiché il defunto entrava nel regno della luce ed era fatto immagine del dio («Io sono Osiride»: era questa la formula sacrale della vita eterna iscritta sul volto del defunto), e quindi non gli si dovevano attribuire alcun guasto, debolezza, offuscamento. Accolto in sé il dio, pur conservando



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