L'economia degli antichi e dei moderni (2008) by Moses I. Finley

L'economia degli antichi e dei moderni (2008) by Moses I. Finley

autore:Moses I. Finley [Finley, Moses I.]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2016-03-04T23:00:00+00:00


IV

Proprietari terrieri e contadini

Nel legame strettissimo fra condizione sociale e proprietà terriera, il diritto giocava la sua parte. Furono i greci a riservare più pienamente ai cittadini il monopolio sul diritto di possedere terreni ed a limitare, nelle comunità più oligarchiche, soprattutto a Sparta, i pieni diritti politici soltanto ai proprietari di terre. Ma, come ho già ricordato in precedenza, spesso la legge aveva minore importanza dell’uso della tradizione, delle pressioni sociali e politiche. Ad esempio, l’espansione romana in Italia comportò una politica più aperta rispetto alla concessione della cittadinanza: in tal modo i latini ottennero il privilegio di possedere terre romane sin da una data molto antica, mentre tutti gli italici liberi lo acquisirono all’inizio del I secolo a.C. De facto vi fu un cambiamento fondamentale nel nesso terra-cittadinanza (ignoto alle città-Stato greche), che è mascherato da una disposizione strettamente giuridica.

In una città-Stato, inoltre, in linea di principio la terra era esente da regolare tassazione. Una decima o qualsiasi altra forma di imposta diretta sulla terra, sostenevano i greci, era un segno distintivo della tirannide; una simile concezione era tanto saldamente radicata da non permettere mai, a differenza dei modelli seguiti da altre società, che una tassa di guerra a carattere eccezionale, come l ’eisphora ateniese, divenisse permanente (lo stesso fecero i romani in età repubblicana). Gli imperi, d’altra parte, traevano le loro entrate maggiori dalla terra, sotto forma di affitti e di tasse, sebbene le città greche riuscissero a estorcere ai loro sovrani ellenistici una qualche libertà per le terre assegnate a un centro urbano, e l’Italia conservasse la sua tradizionale esenzione sino all’inizio del IV secolo d.C. (al contrario, le terre possedute da cittadini romani in provincia erano soggette a tasse almeno sin dai tempi di Cicerone). Sottolineo paradossalmente questo fatto non già per le sue implicazioni rispetto alle classi dominanti, ma per ciò che esso significava rispetto ai contadini, più esattamente ai contadini liberi e cittadini. I ricchi greci dovevano sostenere la maggior parte delle spese statali, sebbene le loro terre fossero esenti da tasse. Se i ricchi romani in età repubblicana non dovevano fare altrettanto, almeno a partire dal III secolo a.C., ciò era dovuto all’espansione imperiale romana che permetteva di scaricarne il peso sui popoli soggetti, gli abitanti delle province. Nell’età degli imperi, la situazione fu rovesciata: le imposte fondiarie erano addossate in gran parte ai poveri e, con l’andar del tempo, anche alle classi medie, mentre quelle più elevate contribuivano al gettito fiscale in misura sempre minore 1.

Si tratta, in sostanza, di un equivalente della distinzione, formulata di solito in termini politici, tra la libertà del cittadino classico nella città-Stato e la mancanza di libertà, relativa o totale, sotto gli imperi (come anche sotto i precedenti regimi arcaici). Mi sembra che l’esenzione delle tasse fosse un importante fondamento per l’integrazione del contadino quale membro di pieno diritto alla comunità politica, un fenomeno nuovo, caratteristico dell’antichità classica e ripetutosi ben di rado2.

Da un punto di vista ideologico, esso trovò espressione nella celebrazione dell’agricoltura: l’esempio più noto e di maggior livello artistico sono senz’altro le Georgiche di Virgilio.



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