Leggere la Torà by Catherine Chalier

autore:Catherine Chalier [Chalier, Catherine]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Religion, Judaism, Sacred Writings
ISBN: 9788880576815
Google: tEH3MAAACAAJ
editore: Giuntina
pubblicato: 2017-12-15T14:56:25.856000+00:00

Il presentimento di un’altra cosa

Chi ritiene che il senso pshat di un versetto non ne esaurisca i significati si basa su due percorsi di riflessione. Il primo si basa sulla tesi di una continuità linguistica tra il senso proprio delle parole e il loro senso metaforico o spirituale. Il secondo sul presentimento che l’apparente semplicità del senso letterale tiene lontano da ciò che deve ancora venire e che resta la cosa più importante. L’ebreo che studia «sente (marghish) nella sua anima di esser ancora molto lontano e che i suoi pensieri (makshavot) non sono adatti».12 Di fatto, è proprio quel presentimento che spinge ad approfondire il primo percorso di riflessione e non l’inverso poiché, senza quel presentimento, perché mai non ci si dovrebbe accontentare di ciò che è detto come fanno molti ricorrendo, alla maniera di Spinoza, agli sforzi della ragione per contrastare l’influenza dell’immaginazione, e perfino del delirio interpretativo sul pensiero?

Tuttavia possiamo fare a meno dell’immaginazione quando, riflettendo per tentare di interpretare un versetto, entra in gioco quel presentimento? «La coscienza ermeneutica – dice Gadamer – deve la sua efficacia proprio al fatto che si è in grado di discernere ciò che vale di essere elevato a rango di domanda». Ora, è proprio l’immaginazione che ha questo ruolo, è essa ad avere «una funzione ermeneutica»:13 oltrepassa i limiti di un fenomeno per enunciare un’ipotesi interpretativa su di esso; prende in considerazione un altro modo di comprendere una frase, diverso da quello normalmente accettato ecc. Si pongono domande su fatti o tesi, ma si pongono anche sui testi, e quelle domande non dipendono solo da un’esigenza di rigore logico, attengono a una curiosità più profonda, spontanea e colta. Non si tratta infatti di dire una cosa qualsiasi: anche saper fare domande passa attraverso un difficile apprendistato da incoraggiare e coltivare. Senza immaginazione, senza condivisione e senza lavoro non lo si può fare in maniera feconda. Per quanto riguarda l’ermeneutica ebraica, le domande poste riguardano l’insieme della lingua che costituisce la Torà senza distinguere a priori ciò che varrebbe essere elevato a rango di domanda da ciò che non lo varrebbe. Le parole o le precisazioni apparentemente più irrilevanti – una congiunzione, un prefisso, un superlativo; i dettagli riguardanti questa o quella pratica ecc. – meritano di essere interrogati allo stesso titolo delle parole o dei passi ritenuti più nobili e significativi – un nome o un verbo; eventi come l’uscita dall’Egitto o l’enunciato delle Dieci parole nel Sinai ecc. – poiché si ritiene che la lingua celi significati ancora non conosciuti.

Perché un tale fervore interpretativo?

È esattamente là che il presentimento di cui abbiamo accennato entra in gioco. Indimostrabile con la ragione, è attinente alla fede, non come adesione a un contenuto dogmatico di proposizioni che vanno oltre la fede, ma come fiducia (emunà) fondamentale. Rabbi Akiva ne fa testimonianza nel passo talmudico sopra citato, quando afferma che la voce discesa ad abitare l’intimità profonda delle parole pronunciate e iscritte nella finitezza delle lettere è la presenza stessa dell’Eterno tra gli uomini.

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