L'Esilio Di Sharra by Marion Zimmer Bradley

L'Esilio Di Sharra by Marion Zimmer Bradley

autore:Marion Zimmer Bradley [Bradley, Marion Zimmer]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-07-24T20:42:47.194967+00:00


IL RACCONTO DI LEW ALTON

VI

— Ecco. — Jeff mi mise in mano uno specchio. — Un medico terrestre avrebbe fatto di meglio, e io sono fuori esercizio... ma almeno non sanguina più, e questo è l'importante.

Respinsi lo specchio. Riuscivo - qualche volta - a guardare ciò che Kadarin aveva lasciato del mio viso; ma in quel momento non ne ero capace. Non era colpa di Jeff: aveva fatto del suo meglio. Dissi, cercando di darmi un'aria noncurante: — Ne avevo proprio bisogno... un'altra cicatrice, per simmetria.

Jeff mi aveva esaminato accuratamente per accertarsi che il colpo alla testa non avesse lasciato conseguenze; ma il taglio era superficiale e per fortuna non mi aveva toccato l'occhio. Avevo un mal di testa grande quanto Castel Comyn, ma sembrava che non ci fossero altri danni.

E c'era il grido ossessivo che non voleva tacere, come un ruggito nella mia mente... a Darkover, lotta per i diritti di tuo fratello... E ormai non avrebbe mai taciuto. Marius non c'era più, e il mio dolore era immenso; non solo per il fratello che avevo perduto, ma per l'uomo che stava diventando e che non avrei mai, mai conosciuto. Angoscia e anche rimorso perché, mentre io ero lontano, Marius era stato trascurato, ma vivo. Avrebbe forse perduto il Dominio; ma come terrestre avrebbe potuto vivere una vita soddisfacente altrove. Adesso la vita e la possibilità di scegliere erano perdute. E al di sotto dell'angoscia e del rimorso c'era uno strato più profondo d'ambivalenza che non volevo vedere: un filo di sollievo al pensiero che non avrei mai dovuto rischiare la prova spaventosa del Dono degli Alton, non avrei dovuto rischiare di farlo morire, come aveva fatto mio padre con me...

— Ora non puoi far altro che trasferirti nell'alloggio degli Alton a Castel Comyn — disse Jeff. Annuii con un sospiro. La casa, almeno per il momento, era inabitabile. Gabriel era venuto con l'ultimo gruppo di guardie che avevano spento il fuoco. Si offrì di dare disposizioni perché i suoi uomini sorvegliassero quelle rovine e impedissero il saccheggio fino a quando avessimo chiamato gli operai per riparare il tetto e restaurare l'edificio. Ogni stanza era piena di fumo, i mobili erano anneriti e malconci. Cercai, senza riuscire, di chiudere gli occhi e le narici a quella vista e a quell'odore. Ho... l'orrore del fuoco; e in quel momento, lo sapevo, in fondo alla mia mente, se le avessi dato l'avvio, la forma di fuoco era là, furiosa, devastante, pronta a distruggere... e a distruggere anche me.

Non che m'importasse, ormai...

Andres sembrava invecchiato di vent'anni. Si avvicinò e chiese, esitando: — Dove... dove dobbiamo portare Marius?

Era una domanda giusta, ma io non sapevo cosa rispondere. Non c'era mai stato posto per lui a Castel Comyn, da quando era diventato abbastanza grande perché notassero la sua esistenza; non l'avevano mai notato, in vita, e adesso, nella morte, non se ne sarebbero curati.

Gabriel disse sottovoce: — Fatelo portare nella cappella di Castel Comyn. — Alzai la testa, stupito, per protestare, ma lui continuò: — Questo deve averlo in morte, parente, anche se non l'ha avuto in vita.



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