L'io minimo by Christopher Lasch

L'io minimo by Christopher Lasch

autore:Christopher Lasch [Lasch, Christopher]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


5. La storia interiore dell’io

Unicità e separazione

L’importanza fondamentale della distinzione tra io e non-io – origine di tutte le altre distinzioni, come è stato giustamente detto – può suggerire che essa serva come primo principio della vita psichica, come premessa assiomatica senza la quale la vita psichica non potrebbe neppure cominciare. In realtà, tuttavia, è una distinzione che, specialmente nell’infanzia, è accettata con la più grande riluttanza, dopo una feroce lotta interna per negarla; e resta all’origine del nostro disagio esistenziale, come è all’origine del nostro dominio intellettuale sul mondo che ci sta intorno.

La vita psichica nel senso più ampio – in quanto contrapposta alla vita della mente – non comincia con una chiara comprensione dei confini tra l’io e il mondo circostante degli oggetti, ma, al contrario, con un appagato sentimento «oceanico» di pace e di unione, come l’ha definito Freud. L’individualità si presenta, all’inizio, come una dolorosa separazione dall’ambiente circostante, e questa esperienza primaria e sconvolgente di perdita diventa la base di tutte le successive esperienze di alienazione, dei miti storici della perdita dell’età dell’oro e del mito della caduta originaria dalla grazia che si trovano in molte religioni. La religione, come l’arte migliore, cerca proprio di restaurare questo senso di unione con il mondo, ma solo dopo aver prima riconosciuto il fatto dell’alienazione, concepito come peccato originale, come hybris seguita dal castigo divino, come solitudine e separazione esistenziali o, nelle arti (specialmente la musica comunica queste esperienze al livello più profondo), come un ritmo di tensione e abbandono, di conflitto seguito dalla pace interiore.

Ciò che distingue l’arte contemporanea dall’arte del passato, almeno dall’arte dell’Ottocento e del primo Novecento, è il tentativo di restaurare il sentimento di comunione senza riconoscere che sia avvenuta alcuna esperienza di separazione. Invece di cercare di superare questa separazione e conquistare a fatica una tregua della lotta spirituale, gran parte dell’arte e della letteratura dell’età contemporanea, e anche molta della musica «avanzata», nega semplicemente il fatto della separazione. Esse vedono il mondo circostante come un’estensione dell’io o l’io come qualcosa di programmato da forze esteriori. Immaginano un mondo in cui tutto è intercambiabile, in cui i suoni musicali, per esempio, sono vissuti come equivalenti a tutti gli altri tipi di suoni. Aboliscono l’individualità a favore dell’anonimità. Come disse nel 1958 il compositore d’avanguardia Christian Wolff in un articolo intitolato Musica nuova ed elettronica, questa nuova musica incarna «un interesse per una sorta di obiettività, quasi di anonimità – il suono rientra in possesso dei propri diritti. La “musica” è una risultante che esiste semplicemente nei suoni che udiamo, senza che riceva impulsi dall’espressione dell’io o della personalità». La musica, come le altre arti, si libera così dall’«artisticità e dal gusto». Esclude «l’espressione personale, il dramma, la psicologia». Sulla stessa onda, John Cage, acclamando Edgar Varèse come fondatore della nuova musica, nota che il compositore «ha introdotto il rumore nella musica del ventesimo secolo», ma ne deplora i «manierismi» che «spiccano come sigle [personali]». Cage esorta i compositori a «lasciare che i suoni siano



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