L'Isola Dei Pinguini by Anatole France

L'Isola Dei Pinguini by Anatole France

autore:Anatole France [France, Anatole]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Classics, Fiction
ISBN: 9788876383823
editore: Isbn Edizioni
pubblicato: 2012-11-14T23:00:00+00:00


7

Conclusione

Nunc est bibendum. Liberato dai timori, felice di essere sfuggito a un così grande pericolo, il governo decise di celebrare con feste popolari l’anniversario della rinascita pinguina e dell’instaurazione della repubblica.

Il presidente Formoso, i ministri, i membri del parlamento presenziarono alla cerimonia. Il generalissimo delle armate pinguine vi si recò in grande uniforme e venne acclamato.

Precedute dal drappo nero della povertà e da quello rosso della rivolta, sfilarono le delegazioni operaie, truci e rassicuranti.

Presidente, ministri, deputati, funzionari, capi della magistratura e dell’esercito, a nome loro e del popolo sovrano, rinnovarono l’antico giuramento di vivere liberi o morire. Accettavano risolutamente quell’alternativa. Ma preferivano vivere liberi. Vi furono giochi, discorsi e canti.

Dopo la partenza dei rappresentanti dello Stato, la folla si disperse lentamente e con ordine, cantando:

«Viva la repubblica! Viva la libertà! ’Fanculo la papalina!».

I giornali segnalarono soltanto un fatto increscioso accaduto in quella bella giornata. Il principe de Boscénos stava tranquillamente fumando un sigaro nel parco della Regina mentre il corteo sfilava. A un tratto si avvicinò alla vettura dei ministri e urlò a gran voce: «Morte ai repubblicani!». Venne subito circondato dagli agenti di polizia a cui oppose una disperata resistenza. Ne abbatté un gran numero, ma alla fine venne sopraffatto e trascinato contuso, graffiato, tumefatto, scarnificato, in una parola irriconoscibile anche agli occhi della moglie, per le vie in festa fino a un’oscura prigione.

I magistrati istruirono un processo contro Chatillon. Nel padiglione dell’Emiragliato furono trovate lettere che rivelavano la mano del reverendo padre Agaric nel complotto. L’opinione pubblica si scatenò contro i monaci e il parlamento votò, una dopo l’altra, una dozzina di leggi che diminuivano, restringevano, limitavano, delimitavano, sopprimevano, abolivano e toglievano loro diritti, immunità, franchigie, privilegi e guadagni, e creavano ostacoli multipli alla loro attività.

Il reverendo padre Agaric sopportò con coraggio il rigore di quelle leggi, dalle quali venne personalmente colpito, e la spaventosa caduta dell’emiraglio, di cui era il principale responsabile. Lungi dal rassegnarsi alla malasorte, considerava tutto ciò come una nuvola passeggera e studiava nuovi progetti politici più audaci dei primi.

Esaminati a lungo i suoi progetti, un mattino si recò nel bosco di Conils. Un merlo zufolava sopra un albero e un piccolo riccio attraversava annoiato il sentiero sassoso. Agaric lo percorreva a larghe falcate borbottando. Giunto sulla soglia del laboratorio, dove il pio artigiano aveva distillato per tanti anni il liquore dorato di Santa Orberosa, lo trovò deserto e con la porta sprangata. Aggirato l’edificio, vide il venerabile Cornamusa che, la sottana alzata, si arrampicava lungo una scala appoggiata al muro.

«Siete voi, caro amico?» gli disse. «Cosa state facendo?»

«Lo vedete da voi», rispose con voce fievole il monaco di Conils, rivolgendogli uno sguardo dolente. «Sto entrando in casa.»

Le pupille rosse non brillavano più come rubini, ma gettavano riflessi opachi e torbidi, il viso aveva perso il rubicondo turgore. La levigatezza del cranio non incantava più lo sguardo: un copioso sudore e foruncoli infiammati ne alteravano l’ineguagliabile perfezione.

«Non capisco», disse Agaric.

«Ma è semplice. Queste sono le conseguenze del vostro complotto. Perseguitato da una valanga di leggi, ho cercato di eluderle quanto più ho potuto.



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