L'Isola del Giorno Prima by Umberto Eco

L'Isola del Giorno Prima by Umberto Eco

autore:Umberto Eco
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
Tags: Romanzo
editore: Bompiani
pubblicato: 2014-01-14T23:00:00+00:00


22.

La Colomba Color Arancio

Nei giorni seguenti era risultato chiaro che la Specola Melitense era irraggiungibile, perché neppure padre Wanderdrossel sapeva nuotare. La barca era ancora laggiù, nella caletta, e quindi era come se non ci fosse.

Ora che aveva a disposizione un uomo giovane e vigoroso, padre Caspar avrebbe saputo come far costruire una zattera con un grande remo ma, lo aveva spiegato, materiali e strumenti erano rimasti nell’Isola. Senza neppure un’ascia non si potevano abbattere gli alberi o i pennoni, senza martelli non si potevano scardinare le porte, e inchiodarle tra loro.

D’altro canto padre Caspar non pareva troppo preoccupato di quel prolungato naufragio, anzi si rallegrava soltanto di aver di nuovo l’uso del suo alloggio, del ponte e di alcuni strumenti per continuare studi e osservazioni.

Roberto non aveva ancora capito chi fosse padre Caspar Wanderdrossel. Un saggio?

Certamente sì, o almeno un erudito, e un curioso sia di scienze naturali che divine. Un esaltato?

Sicuramente. A un certo momento aveva lasciato trapelare che quella nave era stata armata non a spese della Compagnia, ma sue proprie, ovvero di un suo fratello, mercante arricchito e matto quanto lui; in altra occasione si era lasciato andare a qualche lamentela nei confronti di certi suoi confratelli che gli avrebbero “latroneggiato tante fecondissime Idee” dopo aver finto di ripudiarle come girigogoli. Il che lasciava pensare che laggiù a Roma quei reverendi padri non avessero mal visto la partenza di quel personaggio sofistico e, considerato che s’imbarcava a spese sue, e che c’erano buone speranze che lungo quelle rotte impervie si sarebbe perduto, l’avessero incoraggiato per toglierselo di torno.

Le frequentazioni che Roberto aveva avuto in Provenza e a Parigi erano tali da renderlo esitante di fronte alle affermazioni di fisica e filosofia naturale che udiva far dal vecchio. Ma lo abbiamo visto, Roberto aveva assorbito il sapere a cui era esposto come fosse una spugna, senza curarsi troppo di non credere a verità contraddittorie. Forse non era che gli mancasse il gusto del sistema, era scelta.

A Parigi il mondo gli era apparso come una scena in cui si rappresentavano ingannevoli parvenze, dove ciascuno spettatore voleva ogni sera seguire e ammirare una vicenda diversa, come se le cose solite, anche se miracolose, non illuminassero più nessuno, e solo le insolitamente incerte o incertamente insolite fossero capaci di eccitarli ancora. Gli antichi pretendevano che per una domanda esistesse una sola risposta, mentre il gran teatro parigino gli aveva offerto lo spettacolo di una domanda a cui si rispondeva nei modi più vari. Roberto aveva deciso di concedere solo la metà del proprio spirito alle cose in cui credeva (o credeva di credere), per tener l’altra disponibile nel caso che fosse vero il contrario.

Se questa era la disposizione dell’animo suo, possiamo allora capire perché non fosse così motivato a negare anche le più o meno fededegne tra le rivelazioni di padre Caspar. Di tutti i racconti che aveva udito, quello fattogli dal gesuita era certamente il più fuori del comune. Perché considerarlo allora falso?

Sfido chiunque a trovarsi abbandonato su di



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