L'Italia della guerra civile by Mario Cervi Indro Montanelli

L'Italia della guerra civile by Mario Cervi Indro Montanelli

autore:Mario Cervi Indro Montanelli [Indro Montanelli, Mario Cervi]
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
editore: BUR
pubblicato: 2016-07-22T22:00:00+00:00


CAPITOLO NONO

L’ULTIMO DISCORSO

Per la caduta di Roma, Mussolini aveva ordinato tre giorni di lutto nella sua Repubblica che si andava rimpicciolendo, con chiusura dei teatri, dei cinematografi e di ogni centro di ritrovo. «La Repubblicas» egli disse in un proclama agli Italiani «è minacciata dalla plutocrazia e dai suoi mercenari di ogni razza.» Durante la avanzata alleata fino alla linea gotica fascisti e Tedeschi avevano constatato, una ennesima volta, quanto poco affidamento potesse essere fatto sui reparti italiani ricostituiti alla meglio. La guarnigione dell’Elba si era arresa agli Anglo-americani, fanfara in testa, non appena essi si erano affacciati sulle coste, i carabinieri disertavano dovunque e liberavano i prigionieri. A Graziani che continuava a insistere per la creazione di una struttura militare valida, i Tedeschi replicavano con diffidenza del tutto giustificata. «Ci dobbiamo convincere» scrisse il colonnello Heggenreiner, ufficiale di collegamento con il quartier generale di Graziani «che un popolo a cui è già stata messa davanti agli occhi la prospettiva della pace non è più capace di portare le armi, ma solo di essere sfruttato per lavoro. Il maresciallo Kesselring, dopo l’episodio dell’Elba, non vuole avere niente più a che fare con le truppe italiane in cui ha perduto ogni fiducia.»

Vi erano conati di energia molto simile alla disperazione. Proprio in quel volgere di tempo Pavolini raggruppò i fedelissimi evacuati da Roma e dalla Toscana per costituire le Brigate Nere, eterogenee formazioni di sbandati, esaltati, e a volte delinquenti, un «esercito personale» del segretario del Partito. Ha scritto Ricciotti Lazzero: «Non vi furono mai, nella nostra storia recente, reparti di più basso livello morale e tecnico-militare, e fu subito evidente a tutti, anche a Mussolini, che quell’insieme di giovani e vecchi, riottosi alla disciplina… non contava militarmente e poteva soltanto costituire un tampone alla guerriglia dal punto di vista poliziesco. Alla prova del fuoco, quelle poche volte in cui vennero chiamate accanto ai Tedeschi a far numero in azioni difficili, le Brigate Nere, che pur ebbero molti morti, dimostrarono – sempre salve le eccezioni – di essere del tutto impreparate… Squallido e lugubre il loro stile, nefande certe loro azioni di vendetta. I Tedeschi, che li controllavano e li conoscevano molto bene, avendo l’esperienza dei Cosacchi, dei Mongoli, degli Ucraini, dei Croati e di tutti gli altri collaborazionisti, non permisero mai che si affacciassero al fronte, dove avrebbero rappresentato un pericolo gravissimo».

Istigato da Pavolini, il Duce tuonava contro i «ribelli» promettendo di annientarli tutti con una «marcia della Repubblica sociale contro la nuova Vandea», ma si trattava di parole al vento. Salò contava sempre meno anche perché, raggiunta dagli Alleati la linea gotica, la giurisdizione militare tedesca – che escludeva in sostanza ogni altra autorità – era stata estesa a tutte le province sulla sponda destra del Po. Il territorio su cui l’ultimo fascismo esercitava ancora un qualche effettivo potere fu diviso in quattro regioni amministrative, nello sforzo di frenare la disgregazione: Emilia-Romagna, Veneto, Liguria, Piemonte, ciascuna posta agli ordini di un commissario «con il nominale controllo assoluto» come ha



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