Litigando con il mondo by Ivo Andríc

Litigando con il mondo by Ivo Andríc

autore:Ivo Andríc
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Ivo Andrić; Bottega Errante Edizioni; Alice Pareggiani; Božidar Stanišić Sarajevo; Višegrad; Jugoslavia; Bosnia Erzegovina; crescita; formazione; adolescenza; racconti; Balcani; Nobel
editore: Bottega Errante Edizioni
pubblicato: 2021-01-25T08:40:54+00:00


5 Questo libro è mio, mi è testimone Dio: chi non vuole credere, qui lo può leggere.

Panorama

1958

Ai tempi della mia infanzia, ossia tanto tempo fa, nella nostra città arrivò un “Panorama” stabile. In un punto adatto di una delle vie principali, il suo “direttore”, un austriaco allampanato, prese in affitto un negozio vuoto e vi aprì quell’attività. Sopra la porta c’era, ben visibile, un’insegna in caratteri dorati su uno sfondo di vetro nero: “Panorama del mondo”.

L’interno spazioso era ben arredato, con un’illuminazione discreta. Nulla faceva pensare ai volgari tendoni dove fino allora si erano visti i Panorami di passaggio. Tutto emanava stabilità e solidità. Uno stretto tappeto rosso girava attorno all’ambiente, negli angoli c’erano palme artificiali, ma la maggior parte dello spazio, quella centrale, era occupata dal Panorama. Si trattava di una struttura a forma di prisma, costruita con un legno pregiato tinteggiato in modo da sembrare mogano. Quella piccola costruzione poligonale assomigliava a un turbe6 di legno, e il suo tetto sfiorava il soffitto del locale. Tutto intorno, a intervalli regolari, c’erano delle aperture per potervi guardare dentro; queste consistevano di due lenti binoculari di vetro speciale, incorniciate di caucciù nero, e davanti a ognuna di esse c’era un piccolo sgabello senza schienale, ricoperto di velluto rosso. In tutto quindici aperture, quanti erano i lati del poligono, e altrettanti sgabelli.

Nell’interno invisibile di quella costruzione c’erano dei quadri a colori disposti in cerchio; grazie a specchi orientati in modo particolare e a una potente illuminazione, agli occhi degli spettatori quei quadri apparivano ingranditi, fortemente illuminati, molto plastici e vivaci. Un particolare meccanismo, anch’esso invisibile, muoveva in cerchio tutta quella serie di quadri. Ogni immagine si tratteneva davanti a ogni spettatore per due o tre minuti, e poi si spostava verso destra, e al suo posto, da sinistra, arrivava una nuova immagine. E così avanti, finché lo spettatore non vedeva tutti i quadri.

Il programma era costituito da quindici immagini di un determinato Paese o di una grande città, e cambiava ogni domenica. Una volta era Rio de Janeiro, un’altra Lisbona, poi Ceylon, e così via, di settimana in settimana, tutte terre lontane e città sconosciute. Il biglietto d’entrata non era caro, e tuttavia per un povero scolaro di terza ginnasio rappresentava una somma notevole alla quale non era sempre facile arrivare. Ma quel denaro si doveva trovare. Il Panorama era per me diventato indispensabile come una sorta di droga. Mi arrangiavo in tutti i modi possibili per arrivare al nichelino che apriva le porte del “Panorama del mondo”, e appena riuscivo ad ottenerlo correvo subito nella via principale e lo consegnavo alla grassona della cassa all’entrata. E una volta seduto sul rosso tabouret, per me iniziava la vita vera, grande e radiosa.

Tutto ciò che fino a quel momento aveva significato per me la vita reale, sprofondava nell’inesistenza. E quanto avevo letto nei romanzi, o desiderato e costruito nell’immaginazione, tutto ciò poteva collegarsi con quelle immagini. Il mio campo visivo, e con esso la coscienza intera, era completamente riempito dai Paesi e dalle città che scivolavano davanti a me e in cui mi perdevo.



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